“Voglio morire qui nella mia terra”: la storia di Vittorino, ultimo abitante del borgo fantasma
Qualcuno, come lui stesso racconta, pensa che sia “un selvatico”. Perché al giorno d'oggi, forse, decidere di rimanere in un paesino interno, dove la copertura internet non sempre va come deve, e lo stesso vale talvolta per elettricità o per la rete di telefonia, senza nessun altro, può sembrare quasi impossibile. Roba da selvatici, appunto.
Vittorino Giorgi, 78 primavere sulle spalle, non è però d'accordo. Anzi. “Uno che vive in campagna prova delle sensazioni che in città se le sogna” dice l'uomo a Fanpage.it, mentre mostra alle telecamere quel che rimane del paesino in questione, Libiano, piccolo borgo del Comune di Novafeltria, in Romagna, dov'è nato e dove ha deciso di tornare una ventina d'anni fa, dopo la pensione e una vita trascorsa in Lombardia, ad Abbiategrasso per l'esattezza, per lavorare nel settore della meccanica agricola.
Lontano centinaia di chilometri dal minuscolo centro una volta abitato in ogni edificio e in cui ha vissuto fino al 1971, Giorgi si è anche fatto una famiglia, mettendo alla luce una figlia che oggi vive a pochi chilometri da Libiano, a circa un quarto d'ora di strada. “Da qui non mi muovo” garantisce, ricordando il richiamo della terra natia, con la quale si è ricongiunto, insieme alla moglie, appena è stato possibile.
Tornato in paese, però, dei poco più di 360 abitanti che c'erano quando da bambino correva per le viuzze del borgo ne erano rimasti circa una decina. Poi, quando tre anni fa la donna della sua vita è venuta a mancare, alla fine a Libiano ci è rimasto solo lui. “Lo rifarei altre cento volte” assicura, con una battuta: "Dico sempre che è l'ultimo paese che ha fatto il Padre Eterno".
Il motivo? Si arriva da una sola strada e tutto intorno non c'è nulla, se non distese di campi e natura incontaminata.
Porte sempre aperte, qualche animale che spesso si affaccia verso la sua abitazione, nessuna paura dei lupi o di altre razze selvatiche (quelle sì, per davvero) e ritmi giornalieri cadenzati dalla luce del sole: per Vittorino Giorgi non c'è niente di paragonabile a tutto questo. Non solo.
“D'estate dormo fuori e non mi danno fastidio, come a chi vive in città, la neve, la pioggia o il vento, tutt'altro” continua. Il punto di ritrovo, oltre mezzo secolo fa, era un'osteria vicino la sua abitazione. Poi c'era la chiesa, la piazzetta dove decine di bambini giocavano, il falegname, il negozio di alimentari e ben tre scuole: insomma, Libiano, che oggi sembra un borgo fantasma, era pieno di vita.
“C'era anche la cabina telefonica, una delle prime in zona” rimarca Giorgi, che di tanto in tanto riceve qualche visita, preferendo però la pace dei sensi e dei ricordi d'infanzia, nonostante, ammette, qualche volta la solitudine si fa sentire giocando brutti scherzi. “Soprattutto la sera”.
Ogni 24 dicembre, anni fa, il borghetto si colorava e animava come oggi non sarebbe più possibile. “Mia madre mi diceva di andare a messa e con le scarpe lucidate” rievoca il 78enne romagnolo, sempre col sorriso stampato. “Quest'anno a Natale mia figlia ha detto di andare a pranzo da lei, ma preferirei starmene qui” prosegue Vittorino, lupo solitario, la cui storia è stata raccontata per prima dal portale Alta Rimini.
“Non amo andare a fare spesa o per negozi, esco solo la mattina per le sigarette e mangio dei gran panini” continua. A Libiano, vicino la sua casa, c'è inoltre un tiro al piattello, gestito in gran parte dal fratello minore. Quando è stagione, lui piuttosto raccoglie funghi e fino a quando era con la moglie, si prendeva pure cura di piccolo orticello. Adesso la voglia di coltivare la terra e autoprodursi qualcosa è venuta meno, colpa anche della solitudine, appunto.
Eppure, conclude, non c'è nessun rimpianto per la sua decisione di tornare in paese e restarci anche a costo di farlo completamente solo. "Se mi dicessero domani crepi, prendo e vado su: voglio morire tranquillo, vicino ai miei castagni”.