In base all'art. 1427 c.c. il contratto può essere annullato quanto il cui consenso fu dato per violenza. Esistono due tipi di violenza quella fisica (la materiale e fisica coercizione alla sottoscrizione di un contratto che è causa di nullità del medesimo atto per mancanza di volontà) e la violenza morale (intesa come pressioni dirette a sottoscrivere un contratto causa di annullabilità del contratto).
Il codice non fornisce una precisa definizione di violenza morale, ma ne descrive i tratti nell'art. 1435 cc affermando che la violenza deve essere di tal natura da fare impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole. Si ha riguardo, in questa materia, all'età, al sesso e alla condizione delle persone.
Quindi, la violenza deve essere tale da far temere ad una persona di esporre se o i suoi beni ad un male notevole ed ingiusto. Mentre il pregiudizio deve esserci sempre (in questo senso è un elemento oggettivo), la valutazione del pregiudizio (se cioè il male è effettivamente notevole ed ingiusto) è calibrato in base ad diversi elementi (non si è in presenza di una valutazione costante per ogni persona), infatti, è necessario anche considerare l'età, il sesso e la condizione delle persone, quindi, ad esempio il medesimo pregiudizio potrebbe essere causa di annullabilità del contratto per un soggetto non laureto, ma non essere causa di annullabilità del contratto per un soggetto laureato.
Come spesso accade è più semplice fornire una definizione negativa di violenza identificando gli elementi che non portano alla violenza: il contratto può essere annullato ai sensi dell'art. 1434 cod. civ. qualora la volontà del contraente sia stata alterata dalla coazione, fisica o psichica, proveniente dalla controparte o da un terzo, ove la determinazione della parte sia stata provocata da timori meramente interni ovvero da personali valutazioni di convenienza, senza cioè che l'oggettività del pregiudizio risalti — su iniziativa probatoria della parte che promuove la domanda di annullamento — quale idonea a condizionare un libero processo determinativo delle proprie scelte.
Altra caratteristica della violenza è quella per la quale la violenza deve aver determinato a stipulare il contratto, cioè senza la violenza non si sarebbe stipulato il contratto. Secondo un consolidato indirizzo, in materia di annullamento del contratto per vizi della volontà, si verifica l'ipotesi della violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dal comportamento posto in essere dalla controparte o da un terzo e risultante di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio.
La violenza può essere esercitata tanto dall'altra parte contrattuale, quanto da un terzo non parte contrattuale in entrambe le ipotesi è causa di annullabilità del contratto ex art. 1434 cc.
In base all'art. 1436 cc la violenza è causa di annullabilità del contratto non solo quando è diretta contro la parte contrattuale o i suoi beni, ma anche quando il male minacciato riguarda la persona o i beni del coniuge del contraente o di un discendente o ascendente di lui. Se il male minacciato riguarda altre persone, l'annullamento del contratto è rimesso alla prudente valutazione delle circostanze da parte del giudice.
Una particolare forma di violenza è la minaccia di far valere un diritto ex art. 1438 cc "la minaccia di far valere un diritto può essere causa di annullamento del contratto solo quando è diretta a conseguire vantaggi ingiusti". Per distinguere le due fattispecie si potrebbe ricorrere a questo esempio: Tizio ex amministratore della società Alfa, acquista delle azioni della società Alfa spinto dal fatto che aveva ricevuto dalla medesima società la richiesta di azione di responsabilità ex art. 2932 cc.
Sul punto deve essere immediatamente osservato che la semplice (mera) minaccia di far valere un diritto è irrilevante ai fini dell'annullabilità del contratto, la minaccia di far valere un diritto diventa rilevante ai fini dell'annullabilità del contratto solo quanto la minaccia è diretta a conseguire vantaggi ingiusti. Ecco che resta da comprendere quando (in concreto) la minaccia è diretta a conseguire vantaggi ingiusti.
La minaccia di far valere un diritto assume i caratteri della violenza morale, invalidante il consenso prestato per la stipulazione di un contratto, ai sensi dell'art. 1438 cod. dv., soltanto se è diretta a conseguire un vantaggio ingiusto; il che si verifica quando il fine ultimo perseguito consista nella realizzazione di un risultato che, oltre ad essere abnorme e diverso da quello conseguibile attraverso l'esercizio del diritto medesimo, sia anche esorbitante ed iniquo rispetto all'oggetto di quest'ultimo, e non quando il vantaggio perseguito sia solo quello del soddisfacimento del diritto nei modi previsti dall'ordinamento.
Quindi, è onere probatorio di colui che chiede l'annullabilità del contratto per minaccia provare gli ingiusti vantaggi conseguibili dall'altra parte tramite la minaccia.
Inoltre, deve sussistere il diritto del quale si minaccia l'esercizio, infatti, in assenza del diritto è difficile configurare l'annullabilità del contratto ex art. 1438 cc.
Cass., civ. sez. I, del 9 ottobre 2015, n. 20305 in pdf