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Storie di italiani all'estero

“Vivo in Cina dal 2017, qui tante opportunità e facciamo tutto con il cellulare”: la storia di Alex

Alessandro ha 28 anni, è cresciuto a Milano ma dal 2017 ha deciso di trasferirsi in Cina e di studiare Lingua e Letteratura cinese all’Università di Pechino. Oggi vive e lavora a Shanghai, capitale economica e città più popolosa del Paese. “Mi si sono aperte delle porte, così sono rimasto anche dopo gli studi”, ha raccontato il ragazzo a Fanpage.it.
A cura di Eleonora Panseri
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Alessandro, 28 anni, italiano in Cina.
Alessandro, 28 anni, italiano in Cina.
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Alessandro ha 28 anni, è cresciuto a Milano ma dal 2017 ha deciso di trasferirsi in Cina e di studiare Lingua e Letteratura cinese all'Università di Pechino. Oggi vive e lavora a Shanghai, capitale economica e città più popolosa del Paese.

"Mi sono sempre piaciute le lingue e la cultura asiatica – ha raccontato il 28enne a Fanpage.it – E per una serie di motivi, anche per casualità e fortuna, mi si sono aperte delle porte dal punto di vista lavorativo. Così sono rimasto anche dopo gli studi". Ecco la sua storia.

Quando e perché hai deciso di trasferirti in Cina?

Io sono arrivato una prima volta qui nel 2016 per fare un corso breve di lingua, poi ho deciso di tornare verso il 2017 e fare l'università qui in Cina. E alla fine, per una serie di motivi, anche per casualità e per fortuna, mi si sono aperte delle porte dal punto di vista lavorativo e sono rimasto anche dopo gli studi.

Com'è nato l'interesse per il cinese e la Cina?

Quando ero in Italia, ho fatto il liceo linguistico. Mi sono sempre piaciute le lingue e la cultura asiatica. Ai tempi si diceva ancora: ‘Vedrai che se studi il cinese trovi lavoro!' e quindi mi sono buttato sullo studio della lingua. Il percorso con il cinese l'ho iniziato all'Università La Statale di Milano ma non ero motivato a studiare.

Venire in Cina, invece, mi ha aiutato molto. Ero molto interessato alla lingua e alla cultura cinese, mentre invece lì in Italia stavo studiando anche tante cose che non c'entravano molto.

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Cosa hai provato quando sei arrivato lì?

Per me non è stato uno shock culturale. Nel senso, è tutto molto diverso e tante cose si imparano sul posto. Ma non sono mai stato quell'italiano che si lamenta e dice: ‘Qui è tutto diverso'. Io volevo il diverso, me lo aspettavo, anche perché mi sembra abbastanza stupido cercare qualcosa di uguale a 10mila chilometri di distanza. E alla fine mi sono laureato in Lingua e Letteratura cinese all'Università di Pechino, ho preso un titolo cinese.

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Sono arrivato che della Cina non sapevo granché, non avevo un'immagine precisa di cosa fosse. Di cultura conoscevo qualcosa, ma non tanto. E questo mi ha anche cambiato la vita. Oltre al bagaglio linguistico, ora ho anche quello culturale. Non c'è tanta informazione sulla Cina in Italia: io prima di venire non sapevo bene cosa immaginarmi.

Di cosa ti occupi 0ra?

Ho trovato uno spazio in televisione, la mia carriera è iniziata durante la fine del mio percorso di studi. Ho partecipato a una competizione durante la quale dovevo fare un monologo. Tra i giudici di questa gara c'erano due ragazzi che lavoravano anche in una trasmissione che si chiama Informal Talks, dove ci sono tanti ‘stranieri', da un'ottica cinese, e ognuno rappresenta il suo Paese. Mi hanno notato, ho fatto i provini e mi hanno preso. Da circa 5 anni sono il rappresentante italiano nel programma.

Cosa ti piace e cosa non ti piace della vita lì?

Mi piace molto la ‘comodità' che c'è qui, data dalla grande forza lavoro e dalla tecnologia. Per esempio, qui tutto si può fare con il cellulare, non portiamo mai il portafoglio. In Cina si ha anche un livello di vita agiato senza bisogno di tanti soldi, perché ci sono tante scelte. Per esempio, qui i pasti partono dai 2 euro, ma questa varietà c'è in qualsiasi ambito. Anche lavorativamente ci sono tante opportunità.

Una cosa che non mi piace è il fatto che le città grandi in Cina sono metropoli. Sono caotiche, c'è un ritmo di vita molto veloce, c'è molta ansia e il lavoro è visto come qualcosa di importantissimo. In Italia si lavora per vivere, mentre in Cina è il contrario, si vive per lavorare e c'è tanto stress. Forse dico questo perché vivo a Shangai, il centro economico del Paese.

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Le persone come ti hanno accolto? Qual è l'atteggiamento verso gli stranieri?

Ci sono due aspetti da sottolineare, quello burocratico e sociale. Il primo è molto complicato: la Cina è un Paese con una grande forza lavoro, quindi ottenere un visto lavorativo e rimanere qui stabilmente non è facile. Nonostante io sia qui da 8 anni, ogni volta che faccio richiesta per il permesso di soggiorno è come se lo facessi per la prima volta.

Da un punto di vista sociale, invece, i cinesi sono molto aperti nei confronti degli stranieri. E, forse può sembrare sbagliato, paradossalmente aiuterebbero più volentieri un occidentale bianco in alcune situazioni, rispetto a un cinese. Secondo me, gli occidentali vengono visti positivamente, soprattutto se parli cinese bene. Qui ci sono tanti stranieri che lavorano per aziende estere e nessuno ha bisogno di imparare il cinese perché Shangai è una città internazionale e tutti parlano inglese.

Gli stranieri che parlano bene il cinese sono pochi e ogni volta le persone rimangono sorprese, dicono: "Ah, come parli bene cinese", ma io sono venuto qui per questo.

Più in generale, come sono i cinesi? 

Secondo me, a noi i cinesi sembrano tanto diversi ma per certi aspetti ci assomigliano. In Cina, per esempio, c'è tanto il senso della famiglia, una cosa che è molto italiana. Sui social cinesi io parlo molto della nostra cultura e la cosa che mi dicono gli altri utenti è che abbiamo molte cose in comune, che non siamo tanto diversi.

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Bisogna anche dire che la Cina ha avuto uno sviluppo molto rapido e quindi c'è un grande gap tra i genitori e i figli, il Paese è cambiato tanto in poco tempo. I cinesi comunque sono persone molto carine e gentili, se sai comunicare con loro nella loro lingua sono davvero aperti e accoglienti, sono curiosi di comunicare.

L'altro giorno ho incontrato un signore anziano, ha visto che stavo usando il cinese per scrivere sul cellulare e lui mi ha fatto i complimenti. Un'altra volta, invece, parlavo in cinese al telefono con un'amica, ero in taxi e le ho detto che non stavo bene. Arrivato a destinazione il tassista mi ha offerto una medicina per stare meglio, rassicurandomi sul fatto che non aveva cattive intenzioni. Da italiano all'estero queste cose ti commuovono.

Qual è la differenza più grande tra la Cina e l'Italia?

Qui si può uscire a tutte le ore del giorno e della notte, che tu sia donna o uomo, e non ti succede davvero nulla. C'è molta sicurezza perché c'è tanto controllo della popolazione. In Italia c'è molta sensibilità alla privacy, qui invece ci sono telecamere ovunque. Non è che non esistono i criminali, però per me la Cina è un posto molto sicuro. Io non ho paura di nulla e, purtroppo, non posso dire la stessa cosa dell'Europa e dell'Italia.

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Come sono i costi della vita?

Shangai resta una città molto cara, invece nelle zone rurali tutto costa pochissimo. Allora, i trasporti costano la metà della metà della metà rispetto all'Italia. Mentre gli affitti no, costano come quelli di Milano. Ma la città è molto grande, c'è sempre tanta scelta.

A Milano c'è tanta richiesta e poco mercato, qui invece c'è tanta richiesta ma il mercato ha molte offerte. Però dipende dove vivi: io abito con un coinquilino in un appartamento di circa 100mq in un distretto molto centrale e pieno di occidentali e pago l'equivalente di 800 euro di affitto (in due 1600).

Con il cibo come ti trovi?

A me piace tantissimo il cibo cinese e con il tempo ho imparato ad assaggiare un po' tutto. Ci sono alcuni gusti per i quali non c'è nemmeno una parola italiana che li descriva. Ed è una cosa che adoro. Il cibo italiano mi manca, ovviamente, perché mi piace molto la nostra cucina. Ma trovo comunque che anche quella cinese sia interessante.

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La Cina è molto grande e ci sono tante cucine regionali, quella di Shangai non è quella di Pechino. E lo stesso vale per la ristorazione italiana qui: a Shangai, dove vivono 25 milioni di abitanti, si trovano cucine da tutto il mondo. Però questo vale per le città grandi e non per le zone rurali, che sono tante, visto che il Paese è ancora in via di sviluppo. Qui la gente non è invece tanto abituata a persone e cose che vengono dall'estero.

Cosa ti manca dell'Italia?

Mi manca un po' l'affetto della gente. È vero che qui sono aperti e curiosi, ma non hanno una cultura diretta come la nostra. Mi mancano anche tanto i colori e gli odori dell'Italia.

Sono nato, cresciuto e ho vissuto a Milano ma ho passato tante estati in Liguria e ci sono dei profumi, quello dei gelsomini, del mare, del pesto, e delle immagini che mi fanno ricordare quei momenti e che mi fanno pensare: ‘Queste cose qui non ci sono, ora sono in una realtà davvero tanto diversa'. Mi mancano queste cose semplici.

Ci sono stati momenti difficili? 

Difficoltà ne ho avute rispetto alla mia vita professionale. Io sono un libero professionista e questa cosa mi ha penalizzato. Con il Covid, per esempio, non ho lavorato. E questa cosa mi ha creato dei problemi. Però io sono sempre rimasto ottimista, ho avuto fiducia in quello che faccio e nell'evoluzione delle cose.

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Io penso che comunque sono in un Paese straniero e quindi mi adatto a quello che succede. Ho scelto di stare qui e quindi mi prendo questo posto così com'è. Non spetta a me giudicare le sue decisioni o cercare di cambiarlo, io faccio il mio dovere e il mio lavoro. Mi piace stare qui e non voglio rinunciare facilmente alla mia vita qui.

A chi consiglieresti la Cina come Paese per trasferirsi? 

Consiglio la Cina a persona aperte a conoscere una cultura completamente diversa dalla propria. Ci sono similitudini, lo abbiamo detto prima, ma è un plus. Ma ci sono davvero tante cose differenti. La sconsiglio a chi è abituato alla propria routine e ha paura del cambiamento.

E nemmeno a chi desidera venire qui e continuare a vivere con lo stesso stile di vita. Si può fare, ma lo trovo un peccato perché la Cina e i cinesi hanno davvero tanto da offrire.

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