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La morte di Viviana Parisi e Gioele Mondello

“Viviana è caduta dal traliccio perché cercava Gioele tra i boschi”, la ricostruzione dell’avvocato

“Viviana Parisi non si è uccisa e non ha ucciso Gioele”, la sua morte così come quel del piccolo sarebbero frutto di una serie di tragiche fatalità che hanno trasformato una giornata di evasione dalla routine quotidiana in un dramma. Lo sostiene Claudio Mondello, il legale e anche cugino del padre di Gioele.
A cura di Antonio Palma
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"Viviana Parisi non si è uccisa e non ha ucciso Gioele", la sua morte così come quel del piccolo sarebbero frutto di una serie di tragiche fatalità che hanno trasformato una giornata di evasione dalla routine quotidiana in un dramma. Lo sostiene Claudio Mondello, il legale e anche cugino del padre di Gioele, Daniele. Viviana Parisi “intraprende un viaggio il quale, se avesse goduto di maggiore fortuna, si sarebbe compiuto nel breve volgere di una mattinata di Agosto. Nessuno ne avrebbe saputo nulla” scrive l’avvocato sul suo account Facebook dando una sua ricostruzione dell’accaduto, tutta da vagliare ma sulla quale fa intendere che insisteranno anche con gli inquirenti.

Secondo Claudio Mondelo la dj quarantaduenne, poi ritrovata cadavere, si era allontanata per paura dopo l’incidente stradale sulla Palermo Messina perché non doveva essere lì. Scesa tra la vegetazione sotto shock, secondo il legale avrebbe perso il controllo del piccolo e lo avrebbe cercato salendo su quel traliccio da dove poi sarebbe caduta, infine l’attacco degli animali selvatici al bimbo e ai due cadaveri. “Il suo proposito è violato da un fatto sopravvenuto – non previsto né prevedibile – ovvero un fortuito sinistro automobilistico. La propria posizione era tale da metterla in grave difficoltà (si trovava a 100 km da dove avrebbe dovuto essere); decide, quindi, di guadagnare la fuga. Il teste del nord – il cui senso civico revivisce a distanza di due settimane – riferisce di una madre che si evidenzia per una condotta di protezione e tutela del figlio. Protezione” scrive l’avvocato.

In base a quanto emerso finora , “è lecito ipotizzare quanto segue: il bambino sfugge alla vigilanza della madre e si allontana. Forse anche solo di pochi passi. Probabilmente qualcosa, in quello scenario di campagna, attira la sua attenzione oppure lo spaventa. La madre, terrorizzata, cerca disperatamente di trovarlo ma i suoi tentativi falliscono. Al fine di meglio orientarsi, quindi, decide di salire sul pilone della corrente e guadagnare una posizione di privilegio rispetto al luogo circostante” analizza lo stesso avvocato. Quel traliccio sotto cui è stato trovato il corpo della donna “è l’unica tipologia di struttura che consenta di guardarsi intorno a 360 gradi. È compatibile, pertanto, con l’idea di chi voglia perlustrare la zona limitrofa; probabilmente (così ipotizzo) per guadagnare il contatto visivo col bambino” aggiunge Mondello.

“Da quella posizione Viviana, finalmente, rintraccia Gioele: si affretta a scendere ma, probabilmente per evitare di perdere tempo, ritiene preferibile saltare. Questa scelta le è fatale” ipotizza l’avvocato, aggiungendo: “Da questo punto in poi faccio mia la ricostruzione di chi ha restituito Gioele alla propria famiglia: Giuseppe Di Bello, ex brigadiere dei Carabinieri. È probabile che il bambino abbia vagato tra i boschi fino al momento in cui è incorso in un incontro funesto (forse un suino nero dei nebrodi; in zona ve ne sono molteplici sia da allevamento che allo stato brado)”. Una ricostruzione che “deve essere vagliata, in modo accurato, e supportata da evidenze tali da rendere impossibile ogni alternativa possibile. Un lavoro che impone pazienza, rispetto e silenzio” ammette l’avvocato secondo cui una cosa è certa: Viviana non ha ucciso Gioele verso cui aveva “un senso di protezione” profondo.

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