Vivevano in campo nomadi ma avevano ville e quote societarie: sequestro per 9 milioni
Vivevano da tempo in roulotte e camper nel campo nomadi del quartiere Bolzaneto, a Genova, e ad Asti ma in realtà possedevano appartamenti, ville, auto di lusso e quote societarie per svariati milioni di euro. È quanto hanno scoperto i carabinieri e gli uomini della guardia di finanza di Genova che nella mattinata di lunedì, su ordine della magistratura, hanno eseguito due maxi sequestri di beni mobili e immobili ritenuti nella disponibilità di 13 gruppi familiari di etnia sinti.
I militari hanno messo i sigilli a ville, appartamenti, conti correnti, auto, camper e quote societarie per un valore complessivo di oltre nove milioni di euro. Secondo quanto si apprende, tra gli immobili oggetto di misura di prevenzione patrimoniale anche due ville in Sardegna e una in Svizzera.
Il sequestro è arrivato al termine di un indagine coordinata dal pm del capoluogo ligure Federico Manotti, per fare luce su movimenti patrimoniali sospetti. Per gli inquirenti infatti i beni sequestrati sarebbero tutti provenienti dal riciclaggio di denaro accumulato in attività illecite. Secondo la tesi degli inquirenti, il gruppo era dedito ai furti in appartamenti e il denaro veniva poi reinvestito in acquisti di case, e terreni oltre quote societarie.
L'inchiesta è partita però dalle dichiarazioni dei redditi presentate dai singoli personaggi coinvolti e giudicate troppo basse rispetto al reale tenore di vita. In alcuni casi, però, sono state le banche a segnalare operazioni sospette sui conti, come haa spiegato il comandante provinciale della Guardia di finanza di Genova. Le successive indagini patrimoniali sui sospetti e i loro nuclei familiari hanno portato alla luce l'enorme tesoro accumulato nel tempo e un tenore di vita non giustificabile col lavoro e il reddito dichiarato.
Nel dettaglio il sequestro ha riguardato 29 immobili, 52 terreni, 8 società nell'ambito di una misura di prevenzione patrimoniale tipica delle indagini di mafia e volta a fermare i proventi degli illeciti. Bisogna capire che il crimine si combatte anche e soprattutto incidendo sul patrimonio dei criminali stessi" ha spiegato infatti in conferenza stampa il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi spiegando che i beni venivano intestati prevalentemente a prestanome, solitamente familiari con fedine penali pulite. Per questi ultimi quindi potrebbe scattare una denuncia per intestazione fittizia di beni.
Le misure di prevenzione patrimoniali hanno riguardato 13 persone: Giovanni Mario Botto e il fratello Alfredo, poi Giacomo Lafleur, Antonino Greco, Romolo Lafore', Pietro Lafleur. Gaetano Dellagaren, Gianni Bresciani, Pietro Bianchi, Domenico Bianchi. Valerio Bodino e Luciano Bodino sinti. Secondo gli investagatori il profilo "criminale" degli interessati può essere sintetizzato in una frase intercettata dai carabinieri, proprio tra i due fratelli: "Si va a rubare tutti i giorni". Le conversazioni dei due erano sotto controllo nell'ambito di una indagine su sette furti in appartamento, per cui sono stati condannati in secondo grado a quattro anni e otto mesi. Alcune delle persone sottoposte alla misura economica hanno precenti per furti in abitazioni, ma alcuni anche per rapine e sequestro di persona. Uno di loro era stato indagato perché trovato in possesso di una ricetrasmittente collegata alle frequenze della polizia, in modo da poterne sentire le comunicazioni.