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Vittorio Emanuele e il caso della morte di Dirk Hamer: com’è andato a finire il processo

Una delle più note e controverse vicende giudiziarie in cui venne coinvolto Vittorio Emanuele di Savoia è sicuramente il caso della morte di Dirk Hamer sull’isola di Cavallo. Ricostruiamo la storia del processo, dall’arresto fino al proscioglimento, alle intercettazioni del 2006 e alla sentenza della Cassazione del 2017.
A cura di Annalisa Girardi
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Vittorio Emanuele di Savoia, morto il 3 febbraio 2024 a 86 anni, sarà ricordato come il figlio dell'ultimo re d'Italia, per l'esilio stabilito dalla Costituzione repubblicana e il rientro dopo il 2002, per le dispute dinastiche, ma anche per alcuni scandali e vicende giudiziarie che hanno contrassegnato la sua vita. La più famosa è sicuramente quella legata alla morte di Dirk Hamer, studente tedesco che nel 1978, quando aveva appena 19 anni, perse la vita in seguito a una sparatoria sull'isola di Cavallo, in Corsica. Ci fu un lungo e controverso processo che coinvolse proprio Vittorio Emanuele di Savoia, che alla fine venne assolto.

I fatti risalgono al 18 agosto del 1878. Vittorio Emanuele si trova sull'isola di Cavallo. Sulla stessa isola c'è anche Dirk Hamer con la sua comitiva di amici, arrivati per una gita dalla Sardegna. Si fermano vicino agli yacht di Vittorio Emanuele di Savoia e del chirurgo Niki Pende. In serata qualcuno decide di usare il gommone di Savoia per arrivare sulla terra ferma: quando se ne accorge, Emanuele Filiberto imbraccia la sua carabina e – come racconta lui stesso – spara un primo colpo per "intimorire gli avversari". A quel punto scoppia una colluttazione tra lui e Pende: secondo l'accusa a quel punto sarebbe partito un secondo colpo che avrebbe raggiunto Dirk Hamer alla gamba, mentre stava dormendo nella barca ormeggiata lì vicino.

Il giovane è grave e viene subito trasferito prima all'ospedale di Ajaccio, poi a Marsiglia e poi in Germania. Morirà l'8 dicembre di quell'anno, dopo mesi di agonia.

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Vittorio Emanuele di Savoia viene arrestato: secondo l'accusa è l'unica persona armata quella sera e il colpo che ha ferito a morte il ragazzo è stato quindi esploso dalla sua carabina. La difesa avanza una versione diversa: a bordo ci sarebbero state altre persone armate e sarebbero state loro ad aprire il fuoco durante la collutazione, per poi fuggire. A sostegno della loro tesi, gli avvocati di Savoia mostrano come calibro e il rivestimento dei proiettili che uccisero Hamer fossero diversi da quelli in dotazione della carabina.

 Nel 1991 Vittorio Emanuele di Savoia viene prosciolto dalla Corte d'assise francese, secondo cui non è possibile ricondurre con certezza il proiettile che ha ucciso Hamer alla carabina del figlio dell'ultimo re italiano. Che viene però condannato solamente a sei mesi di reclusione per porto abusivo d'arma da fuoco.

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La famiglia di Hamer, negli anni, ha portato avanti una lunga battaglia legale per ottenere giustizia. Secondo Geerd Hamer, padre del ragazzo, non si sarebbe nemmeno trattato di un incidente, ma di omicidio volontario. Anche la sorella della vittima, Birgit Hamer, che era presente quella notte sull'isola di Cavallo, cercò a lungo di fare luce sulle ombre che aleggiarono nelle ricostruzioni dei fatti portate a processo.

Nel 2006 arriva poi una svolta. Vittorio Emanuele di Savoia si trova in custodia in carcere a Potenza per un presunto coinvolgimento nell'inchiesta Vallettopoli – da cui venne poi scagionato – quando viene intercettato mentre racconta ad alcuni compagni di cella di averla fatta franca nel processo di Parigi. In particolare, dice di essere stato assolto "anche se aveva torto" grazie ad alcuni testimoni con cui "fregò i giudici".

Queste dichiarazioni fecero molto discutere, ma non cambiarono gli esiti della sentenza. Il processo non venne riaperto in Francia e in Italia ci fu solo una condanna – sempre nei confronti di Vittorio Emanuele – per calunnia ai danni di Birgit Hamer, arrivata nel 2017. Savoia l'aveva infatti accusata di diffamazione per quanto scritto in un libro di memorie intitolato «Delitto senza Castigo» e pubblicato alcuni anni prima.

In quella sentenza la Cassazione ha sostenuto che "gli elementi indiziari utilizzati nella sentenza dell'appello (gli accertamenti svolti dalla gendarmeria francese, la soluzione data al caso dalla Corte parigina e le intercettazioni effettuate nel carcere di Potenza) costituiscono, effettivamente, un compendio indiziario più che sufficiente a suffragare l'opinione che Savoia sia stato assolto dal reato di omicidio volontario, ma non che sia stata esclusa ogni sua responsabilità nel tragico evento di cui egli porta, invece, un carico di responsabilità".

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