Vittorio Cecchi Gori agli arresti domiciliari, accolta la richiesta degli avvocati
Vittorio Cecchi Gori va agli arresti domiciliari. È stata accolta l'istanza di difesa del produttore cinematografico, che converte l'ordine di arresto emesso dalla Procura Generale della Corte d’Appello di Roma per 8 anni, 5 mesi e 26 giorni di reclusione. Il giudice relatore del tribunale di Sorveglianza di Roma ha dato parere favorevole alla richiesta che il produttore cinematografico possa scontare la sua pena per il crac Safin e quello relativo alla Fiorentina Calcio agli arresti domiciliari. Attualmente Vittorio Cecchi Gori si trova al policlinico Gemelli per problemi di salute, piantonato da sorveglianza. Presumibilmente dovrebbe restare presso la struttura ospedaliera fino a lunedì. Quando sarà dimesso, potrà fare ritorno a casa, con facoltà di sottoporsi a controlli e terapie in ospedale come chiesto dalla difesa.
Ad incidere sulla decisione di convertire agli arresti domiciliari la pena di Vittorio Cecchi Gori anche il momento delicato dovuto all'emergenza coronavirus. Nel provvedimento del giudice relatore c'è infatti un passaggio che specifica l'incidenza di questo fattore, in virtù della previsione di "adozione di comportamenti di distanziamento sociale, sulla base della indicazione scientifica per dette persone, di uno specifico fattore di rischio di complicazioni anche fatali collegato al rischio di contagio derivante dall'epidemia di Coronavirus".
La solidarietà del mondo dello spettacolo
La decisione del tribunale di Sorveglianza arriva in seguito ai messaggi di sostegno di molti personaggi del mondo del cinema e dello spettacolo legati a Cecchi Gori da un rapporto di affetto e di stima, dal regista Marco Risi al giornalista Giuliano Ferrara, passando per attori come Lino Banfi e Christian De Sica, si erano pronunciati pubblicamente in favore degli arresti domiciliari per l'imprenditore ed ex senatore 78enne, che di recente ha avuto gravi problemi di salute.
I reti contestati a Vittorio Cecchi Gori
A Cecchi Gori, 78 anni ad aprile, sono contestati reati finanziari, tra cui una bancarotta fraudolenta e appropriazione indebita. Risale a pochi giorni fa la sentenza della Cassazione che ha reso definitiva la condanna a 5 anni e mezzo per il crac da 24 milioni di euro della Safin Cinematografica, e che conferma la decisione presa nell'ottobre del 2018 dalla Corte di appello romana. In base alla decisione dei giudici di piazza Cavour, saranno riviste, con un Appello bis, solo le condanne accessorie.