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Stupro di gruppo a Catania

Violenza di gruppo su una 13enne a Catania, lei aveva cercato di difendersi: “Non fatemi del male”

Sarebbe stato uno degli indagati a fornire informazioni sugli altri aggressori al fine di rintracciarli dopo la violenza sessuale di gruppo ai danni di una 13enne di Catania. Sequestrati i cellulari dei 7 per ulteriori accertamenti.
A cura di Gabriella Mazzeo
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immagine di repertorio
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Il gruppo di 7 persone che ha aggredito e abusato di una 13enne a Catania avrebbe prima circondato il fidanzato 17enne della minore per poi chiudere ogni via di fuga alla ragazzina. Il fidanzatino della 13enne è stato bloccato dal gruppo perché cercava di difenderla e poi la minore è stata gettata a terra con uno spintone. Sono gli attimi terribili che precedono la violenza di gruppo avvenuta a Villa Bellini, a Catania.

La coppia avrebbe cercato di fuggire ma poi, accerchiata dal branco, la ragazzina è stata trascinata dai suoi aggressori verso i bagni pubblici e lì i violentatori hanno abusato di lei. Il 17enne, che nel frattempo era invece stato picchiato dal resto del branco, non ha potuto fare nulla per difenderla. L'episodio si è verificato la sera del 30 gennaio in uno dei giardini pubblici più noti di Catania. Gli aggressori, stando a quanto reso noto, erano tutti giovanissimi e avrebbero seguito l'adolescente e il fidanzato mentre si avvicinavano ai bagni pubblici. Dopo aver atteso che non vi fosse nessuno, si sono avvicinati e li hanno costretti ad entrare nelle toilette.

Stando alla ricostruzione, la vittima avrebbe cercato in tutti i modi di difendersi, urlando per chiedere aiuto. Più di una volta avrebbe chiesto in lacrime ai suoi aggressori di non farle del male, cercando di dissuaderli. A un certo punto, approfittando di un momento di distrazione, è riuscita a divincolarsi e scappare con il fidanzato fino al corso di Catania, via Etnea. Qui i passanti hanno allertato i soccorsi. La 13enne è stata visitata insieme al fidanzato e la prognosi è di 7 giorni.

La vittima ha subito deciso di denunciare, riferendo tutti i particolari utili per identificare i suoi aggressori. Passo dopo passo, il racconto è stato confermato dal fidanzatino e la coppia ha fornito un importante contributo all'identificazione dei sette aggressori. A quel punto, le indagini si sono spostate per il fermo dei responsabili, tutti tra i 15 e i 19 anni. Uno di loro è stato anche riconosciuto dalla vittima.

Uno degli indagati, secondo le forze dell'ordine, avrebbe collaborato per fornire ulteriori elementi ai carabinieri. Stando alle informazioni note, l'indagato avrebbe confessato, fornendo poi agli investigatori altre informazioni per incastrare i complici.

La confessione del primo indagato

Uno dei ragazzini indagati nell'inchiesta sulla violenza sessuale di gruppo avvenuta a Villa Bellini, a Catania, avrebbe collaborato con la Procura, fornendo riscontri ai carabinieri. Nella sua confessione ha raccontato che la ragazzina era insieme al fidanzato 17enne quando il gruppo li ha avvicinati e aggrediti.

Il fidanzato della 13enne è stato tenuto lontano dai violentatori, immobilizzato e picchiato mentre altri due giovani hanno abusato della minore. Dopo la violenza, la ragazzina è stata soccorsa da alcuni passanti che hanno allertato i soccorsi vedendola piangere per il dolore e lo shock. Anche il fidanzato 17enne è stato soccorso dal 118 ed è stato trovato in lacrime accanto alla vittima.

Sull'accaduto sono state aperte due inchieste e sono stati emessi i fermi dalla Procura distrettuale e da quella per i minorenni. I magistrati hanno ora disposto accertamenti tecnici sui cellulari sequestrati agli indagati. Si cercano contatti ed eventuali video di quanto accaduto nei loro smartphone. L'aggressione si sarebbe verificata alle 19.30 dello scorso 30 gennaio.

Agli atti delle due inchieste confluiranno anche le immagini registrate dai sistemi di sorveglianza presenti nel giardino comunale e nella zona esterna, anche di privati. I carabinieri del nucleo Investigativo hanno inoltre raccolto anche diverse tracce biologiche per confrontarle con il Dna degli indagati. 

Uno dei legali delle 7 persone fermate per la violenza sessuale di gruppo ha rimesso il mandato, ritenendo di non poter accettare l'incarico affidatogli per ufficio. Il penalista ha fatto sapere di "non poter accettare" l'incarico per la difesa di un minore indagato perché "non sussistono i profili per assumere il ruolo".

Il Procuratore capo del Tribunale dei minori: "Giovani senza empatia"

Secondo chi indaga, la violenza ai danni della 13enne presenta impressionanti analogie con la violenza dello scorso 7 luglio su una 19enne palermitana. A sottolinearlo è il Procuratore capo presso il Tribunale dei minori di Palermo, Claudia Caramanna. Nell'intervista rilasciata al Giornale di Sicilia, il Procuratore parla di un "fenomeno diffuso", puntando il dito contro i social. "Alla base di tutto – ha spiegato – c'è l'amara constatazione che i giovani sono sempre più violenti e trattano le donne come oggetti, non hanno empatia per le vittime e non capiscono le sofferenze che possono provocare, o comunque non se ne curano affatto. I social hanno fatto da cassa di risonanza ai modelli negativi: quasi tutti, infatti, fanno i video e poi li postano per mostrare agli amici cosa hanno combinato".

"La nazionalità degli aggressori non c'entra – spiega -. Le famiglie, in particolare quelle che vivono in contesti difficili, non sempre riescono a trasmettere i giusti valori ai loro figli. In tanti vengono lasciati soli dalle Istituzioni in quartieri dormitorio dove non c'è nulla: le risorse sono poche ma bisogna agire al più presto aumentando il personale dei servizi sociali mettendo a disposizione strutture per ricreare quel senso di comunità che, in questi posti, è andato perduto".

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