Violentata dall’ex e non creduta dal pm: la storia di Flavia e la sua battaglia per avere giustizia
Nel giro di sei anni Flavia Solo (nome di fantasia) ha dovuto cambiare tutto della sua vita: il suo nome, il suo indirizzo, il suo lavoro. Ha sconvolto ogni cosa per sfuggire alle minacce dell'uomo che la perseguitava, che la picchiava, che abusava di lei. È scappata non perché avesse paura, o meglio, non solo per questo, ma anche e soprattutto perché chi avrebbe potuto e dovuto proteggerla non le ha creduto.
Dal sogno all'incubo
Quando incontra il suo persecutore, Flavia vive in un piccolo Comune abbarbicato sull'Appennino tosco-emiliano, a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna. È una manager affermata nel settore edile. Divorziata, con una passione per gli animali, incontra D. nel 2014. Da quel giorno la sua vita cambia, per sempre. Scoppia l‘amore, e nel giro di poco l'uomo si trasferisce da lei. Ma dopo appena otto mesi, l'idillio finisce: lui perde il lavoro, inizia a bere e così cominciano le prime violenze. All'inizio insulti e tentativi di estorcerle del denaro. Poi, le botte. Un'escalation di violenza che culmina con il peggiore degli abusi, quello sessuale. Perché lui, ci racconta Flavia, quando voleva che gli veniva negato, "alla fine se lo prendeva a modo suo".
"Mi picchiò con l'attizzatoio del camino"
Flavia ci accoglie nella sua casa, un posto tranquillo e isolato che sorge alla fine di una strada in salita. È qui che la donna cerca di riappropriarsi della sua vita dopo anni vissuti tra l'incubo e la paura, manipolata da un uomo che "conosceva tutti i suoi punti deboli" e trovava sempre il modo di tornare. Quell'uomo, con cui è stata tre anni, Flavia lo ha denunciato più volte. Per maltrattamenti e stalking, poi per violenza sessuale. "Una volta mi ha picchiata con l'attizzatoio del camino, che ancora ho", ci racconta, mostrando l'arnese di ferro ancora piegato dalla furia di quelle botte. Rimediò il labbro e una tibia rotti e oltre venti giorni di prognosi (ma sarebbe potuta andare anche peggio).
Al tempo, continua la donna, furono i Carabinieri del Comune di San Benedetto Val di Sambro a salvarle la vita. Lei, infatti, li chiama "i suoi angeli in divisa", perché furono loro, uno in particolare, a convincerla a denunciare l'uomo che la picchiava, di cui nonostante tutto lei era innamorata. "Ricordo che il Comandante una volta mi disse: ‘Flavia, non voglio doverti venire a prendere in un sacco nero', allora capii che rischiavo per la mia vita".
Libero, con obbligo di firma
Nonostante le denunce e le comprovate violenze fisiche, l'uomo non è mai andato in carcere. L'unica misura cautelare messa in atto nei suoi confronti fu l'obbligo di firma due volte a settimana. Non abbastanza per impedirgli di continuare a perseguitare Flavia, che nel frattempo non si sentiva mai al sicuro. "Come ogni uomo violento era anche un manipolatore – ci confida – e trovava sempre il modo di tornare da me, di farsi riprendere a casa. Arrivò persino a dirmi di essere gravemente malato e che gli restava solo un anno da vivere. Non ebbi il cuore di negargli il mio aiuto e lo ripresi in casa".
L'abuso sessuale e quel Maresciallo che non la prende sul serio
Un giorno – è il 2017 – dopo una delle solite liti, D. vuole avere un rapporto sessuale con Flavia, ma lei si nega. Ed è allora che lui, invece di rispettare la volontà della donna, decide di prendersi comunque quello che vuole: "Mi ha presa per i capelli – tant'è che nel verbale del processo ci sono le foto delle ciocche che mi ha strappato – e mi ha costretta a un rapporto orale". Terrorizzata, Flavia si chiude in camera e chiama i Carabinieri, che le intimano di sporgere denuncia e di allontanarsi da quell'uomo. Lei lo fa, va a vivere in un posto lontano, cambiando nome, indirizzo e mettendosi in aspettativa dal suo lavoro. "Ho vissuto nascosta per anni, non avevo nulla di intestato, né un contratto di lavoro né un affitto, non conoscevo nessuno e nessuno mi conosceva. Tutto per nascondermi da lui".
A un mese dall'abuso, Flavia prende coraggio e va a sporgere denuncia ai Carabinieri del Comune in cui è andata a vivere, ma il Maresciallo che raccoglie la sua testimonianza non le dà credito. "Mi ha detto che erano cose nostre e che avevano cose più importanti di cui occuparsi". Dopo un anno da quella denuncia per violenza sessuale, Flavia non ha ancora nessuna notizia. Non si arrende e decide di rivolgersi a un avvocato, Alberto Bova, che scopre che il pm, poco dopo la querela, aveva disposto l'archiviazione adducendo come motivazione l'assenza di testimoni e il fatto che tra i due intercorresse "un rapporto conflittuale".
La riapertura del caso
Bova muove opposizione alla richiesta di archiviazione e il caso passa a un nuovo pm, che dopo le indagini ordina il rinvio a giudizio dell'indagato. Quest'ultimo nel frattempo ha subito una condanna per maltrattamenti e atti persecutori nei confronti di Flavia. Cinque anni dopo l'abuso sessuale, Flavia può finalmente sperare di avere giustizia e, soprattutto, di vivere serenamente senza l'angoscia che il suo persecutore la trovi e abusi nuovamente di lei.
"Non è giusto che siano le donne a dovere pagare quando subiscono questo genere di violenze", afferma Flavia. La donna, autrice del libro "Dal sogno alla paura", in cui racconta la sua storia, si batte per una revisione della legge sul Codice Rosso che garantisca maggiori tutele a chi denuncia violenze di genere. Secondo il suo avvocato, "il punto non è tanto inasprire le pene quanto mettere chi commette violenza nell'impossibilità di nuocere ancora". "È necessario rivedere la legge sul Codice rosso mettendosi a tavolino con le donne che hanno subito violenza", insiste Flavia.
La voce delle istituzioni
"La lotta contro la violenza di genere si gioca su diversi livelli", riflette ancora Roberto Serra, assessore alla Cultura del Comune di San Benedetto Val di Sambro. "Uno di questi è l'istruzione. È fondamentale sensibilizzare i giovani sull'importanza di questi temi, partendo dalle scuole. Rispetto a questo tema, il nostro Comune è già attivo con diversi progetti per iniziare gli studenti alla parità di genere". "Abbiamo poi dato vita a iniziative culturali e teatrali, perché siamo convinti che questa sia anche una battaglia culturale", continua Serra, che poi elenca i progetti già all'attivo: "Il più importante è lo sportello antiviolenza di Chiama Chiama, dell'Associazione Mondo Donna, attivo sempre e a cui le donne possono rivolgersi sempre per denunciare. Oltre a questo lavoriamo con l'Unione dei Comuni e con il servizio sociale territoriale presente e attivo sul territorio a tutela delle donne, che siano giovani, adulte, anziane, con i minori e disabili, al fine di tutelare loro, le loro famiglie, le loro figure e le loro professionalità".