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Via libera al suicidio assistito per due donne in Toscana, ma l’Asl nega il farmaco

La denuncia dell’Associazione Cappato. Le due donne si sono viste riconoscere il diritto al suicidio assistito, ma poi non hanno ricevuto gli strumenti necessari a causa di un vuoto normativo. “Lasciano come unica possibilità quella di rivolgersi alla sanità privata ove sarà possibile”, denuncia l’associazione Luca Coscioni.
A cura di Biagio Chiariello
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Pur avendo soddisfatto tutti e quattro i requisiti stabiliti dalla sentenza ‘Cappato-DJ Fabo' della Corte Costituzionale per accedere legalmente al suicidio assistito in Italia, due donne non possono completare l’iter perché le aziende sanitarie si rifiutano di fornire il farmaco e i dispositivi necessari per l’autosomministrazione, costringendole a rivolgersi alla sanità privata come unica alternativa.

La denuncia arriva dall’associazione Luca Coscioni, che ha portato in tribunale l’Asl Toscana Centro per la vicenda. Le protagoniste sono due pazienti, rispettivamente di 70 e 54 anni, entrambe autorizzate ad accedere al suicidio assistito.

La donna di 70 anni, affetta da broncopneumopatia cronica ostruttiva, ha ricevuto una risposta dall’Usl Toscana Centro un mese dopo la richiesta. Tuttavia, tale risposta non includeva indicazioni sul farmaco né sulle modalità di autosomministrazione. Per questa verifica è stato richiesto il parere del medico di fiducia, successivamente approvato dall’Azienda sanitaria.

La 54enne, affetta da sclerosi multipla, ha invece ricevuto risposta due mesi dopo dalla Usl Toscana Nord-Ovest. Inizialmente, la commissione aveva espresso parere negativo, sostenendo che non fosse soddisfatto il requisito del trattamento di sostegno vitale. Dopo l’intervento della Consulta, è stato emesso un parere positivo, ma anche in questo caso farmaco e modalità sono stati individuati dal medico di fiducia e poi approvati dall’Azienda sanitaria.

Secondo l’associazione, in entrambi i casi la sentenza della Consulta è stata disattesa. La Corte Costituzionale stabilisce infatti che sia il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) a verificare non solo i requisiti della persona, ma anche le modalità di esecuzione dell’intento. I tribunali, applicando il giudicato costituzionale, hanno già ordinato alle aziende sanitarie di occuparsi del controllo dei farmaci e delle procedure.

“Le due pazienti hanno diritto a farmaci e strumenti forniti dalla sanità pubblica. La Corte è stata chiarissima,” afferma Filomena Gallo dell’associazione Coscioni. “In un caso si tratta di un farmaco reperibile solo in una farmacia ospedaliera, nell’altro di un medicinale da importare dall’estero, con una procedura complicata per un privato. Di fatto, alle due pazienti viene negato un diritto, nonostante indicazioni chiare anche da parte del governo.”

A differenza di altre regioni, la Toscana avrebbe scelto di agire in violazione della sentenza della Corte. La stessa prevede che il SSN identifichi le modalità di attuazione dell’aiuto alla morte volontaria e garantisca assistenza medica volontaria, senza discriminazioni, includendo la fornitura gratuita di farmaci e dispositivi.

Nel frattempo, la Regione Toscana ha avviato audizioni di esperti presso la Commissione Salute per colmare questo vuoto normativo. Tuttavia, le audizioni iniziate a luglio non si sono ancora concluse e si attende l’approvazione di una legge regionale.

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