La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano il mondo del lavoro. Decidiamo di pubblicarle non per dare un'immagine romantica del sacrificio, ma per spingere a una riflessione sulle condizioni e sulla grande disparità nell'accesso a servizi essenziali. Invitiamo i nostri lettori a scriverci le loro storie cliccando qui.
Dopo le lettere pubblicate nei giorni scorsi, storie di giovani avvocate costrette a fare altri lavori per mantenersi e a fare enormi sacrifici per poter sostenere le spese sul lavoro, ci scrive un'altra donna. Anche lei è una avvocata, lavoro in cui – ci scrive – credeva molto. Ma le esperienze vissute, purtroppo, finora sono state tutt'altro che positive. Da praticante ha lavorato per un grosso studio senza ricevere compenso, poi con un altro avvocato per 400 euro al mese per un lavoro che andava dalle 9 alle 19:30, tutti i giorni. "E se una mattina mancavo: ‘Ti ho concesso ieri mattina, oggi puoi staccare anche alle 21′".
La lettera a Fanpage.it
Sono avvocato da due anni. Dalla fine del 2018 sino agli inizi del 2022 sono stata praticante avvocato. Ho “lavorato” per un grosso studio in Sicilia. Uso le virgolette perché lavorare presuppone il ricevere una retribuzione. Qui non c’era niente. Niente di niente.
Per oltre 3 anni ho lavorato dalla mattina fino alle 19 di sera tutti i giorni. Ogni tanto arrivava un regalo: “questa pratica rognosa seguila tu”. Il compenso? Beh, ovviamente le pratiche che mi venivano assegnate avevano un compenso medio di 150 euro. Per un totale, in tre anni, di 350 euro.
Poi, su mie pressioni, mi sono stati dati incarichi più importanti. Finalmente ne chiudo uno. Compenso: 2.500 euro. Mi viene detto dal dominus: “Non pensavo potessi prendere tutti questi soldi”, ripetuto due volte. E certo, 2500 euro dopo 3 anni di sfruttamento ti sembrano tanti… Lascio lo studio e mi viene detto: “Quindi non vuoi più fare l’avvocato…beh sei donna ci sta, per voi donne questo mercato non conviene. I clienti buoni preferiscono l’avvocato maschio. È bene che ti metti a fare concorsi, così puoi fare la mamma”.
Avevo 28 anni, non volevo fare la mamma, non volevo smettere di essere avvocato, mai detta una cosa del genere. Ci rivediamo poco dopo: “Comunque quelle pratiche che ti avevo assegnato se vuoi puoi continuarle”. Erano pratiche con oggetto anche milioni di euro. I compensi dovevano essere molto soddisfacenti. Mi convinco a continuare ma da esterna, i compensi divisi a metà. E dopo circa due anni da quel giorno, finalmente queste pratiche iniziano a concludersi. E il capo comincia a insultarmi ad ogni occasione. Sempre peggio. Sempre peggio e per motivi sempre più futili.
Sono avvocato da due anni ma lo schifo che provo non si può capire. L’anno scorso ho lavorato con un altro avvocato che si sentiva generoso. 400 euro al mese per un lavoro che andava dalle 9 alle 19:30, tutti i giorni. E se una mattina mancavo: “Ti ho concesso ieri mattina, oggi puoi staccare anche alle 21”.
Da quest’anno lavoro da sola, ma questo non è un mestiere per gente che non ha ereditato lo studio dal padre. Ce lo dicono in tutti i modi che a noi giovani che non siamo figli d’arte non ci vogliono. Ed io mi sono stancata. Eppure è un lavoro in cui credevo.