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“Vi parlo di Toni e Giorgio, uccisi perché si amavano”: il racconto del delitto di Giarre 43 anni dopo

Sono passati poco più di 40 anni dal delitto di Giarre. Il 31 ottobre 1980 i fidanzati Antonio e Giorgio, conosciuti da tutti come gli ‘ziti’, vennero ritrovati morti nelle campagne del paese. Intervistati da Fanpage.it l’attivista ed ex presidente di Arcigay Paolo Patanè e il giornalista Francesco Lepore hanno ricostruito la loro storia.
A cura di Eleonora Panseri
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Giorgio e Toni
Giorgio e Toni

I corpi del 25enne Giorgio Agatino Giammona, e di Antonio Galatola, detto ‘Toni', 15 anni, vennero trovati il 31 ottobre 1980, uno accanto all'altro. I due ragazzi furono uccisi con un colpo di pistola alla testa. A Giarre, piccolo comune in provincia di Catania, li conoscevano tutti come "i ziti", i fidanzati.

A distanza di 43 anni Paolo Patanè, attivista per i diritti Lgbtq+ ed ex presidente di Arcigay, ha raccontato a Fanpage.it quello che il "delitto di Giarre" ha rappresentato per lui, che conosceva Giorgio e Toni, e per le battaglie della comunità. "Vedevo Giorgio e Toni ogni giorno perché i luoghi che frequentavano erano vicini a quelli della mia vita quotidiana. All'epoca, pur essendo giovanissimo, sapevo di essere omosessuale ma non ero in grado di accettarmi. Quando guardavo Toni mi identificavo in lui perché era vicino a me di età e questo mi metteva nella condizione di temere le chiacchiere, poiché della loro coppia si parlava molto in paese, ma allo stesso tempo di essere attratto dalla sua relazione con Giorgio e di rivedermi in loro", ricorda.

"Mi davano una prospettiva, il fatto che esistessero e stessero insieme mi dicevano che era possibile essere omosessuali ed essere felici. Dall'altra parte però lo stesso contesto mi restituiva la paura che fosse tutto terribilmente difficile. Quello che faceva scandalo di loro due non era che avessero una relazione sessuale, quanto che fossero davvero innamorati, che vivessero come una coppia e che apparissero tali in uno scenario pubblico".

Paolo Patanè, attivista per i diritti Lgbtq+ ed ex presidente di Arcigay.
Paolo Patanè, attivista per i diritti Lgbtq+ ed ex presidente di Arcigay.

Il ritrovamento dei cadaveri e la confessione di Francesco Messina

Giorgio in paese era chiamato, in modo dispregiativo, ‘puppu ‘ccô bullu‘ (in siciliano, "omosessuale con il bollo", ndr) perché era stato sorpreso in altra circostanze e con persone diverse in atteggiamenti intimi dalla polizia. "Aveva ormai questo appellativo attaccato addosso e lui era sicuramente uno su cui si riversavano molte chiacchiere", spiega Patanè. "Ma non credo che fossero stati oggetto di atti come coppia ma erano oggetto di derisione e maldicenze, questo sicuramente. Anche perché c'era una differenza di età e di condizione sociale. Tutto questo amplificava il chiacchiericcio intorno a loro".

Neppure il ritrovamento dei cadaveri dei due ragazzi, a due settimane di distanza dalla loro scomparsa, riuscì all'epoca ad attenuare l'atteggiamento derisorio nei loro confronti. "Quando scomparvero si diceva, in modo ironico, che avevano fatto la ‘fuitina‘ e che era stato sicuramente Giorgio ad aver portato via Toni. Ma più passavano i giorni e più aumentava la preoccupazione", dice Patanè ricordando quei giorni.

"Le persone hanno cominciato a pensare che potesse essere accaduta una disgrazia e quando sono apparsi i cadaveri, la tragedia è esplosa e le persone sono rimaste sotto shock. All'improvviso il paese si è trovato di fronte al rischio che ci fosse un assassino a piede libero per Giarre, anche se la tendenza è sempre stata quella di trovare un colpevole facile. Prima in Giorgio, dicevano che era stato lui a spingere Toni al suicidio. Poi, quando hanno trovato la pistola sepolta poco distante, nel nipote di Toni, Francesco Messina, un minore di 14 anni. La maggioranza della gente riteneva comunque Giorgio direttamente o indirettamente responsabile morale della morte di Toni, visto che era il più grande della coppia. Tanto che ai suoi funerali c'era un sacco di gente, cosa che non accadde invece in quello di Giorgio", aggiunge.

L'inchiesta giudiziaria archiviata e i successivi sviluppi

Da un punto di vista giudiziario, il caso venne archiviato molto frettolosamente e con una fretta voluta, secondo Patanè. "Troppe cose non sono state accertate. La pistola, per esempio, non poteva essersi materializzata dal nulla: a chi apparteneva? Francesco Messina ha confessato, poi ha smentito, dicendo che era stato picchiato e che era stato costretto a confessare per proteggere il nonno, e ancora si è riaccusato di nuovo. Non sono state fatte prove balistiche. Faceva comodo a troppi chiudere questa vicenda come un suicidio. Quando poi si è intuito che fosse improbabile che il 14enne avesse fatto fuoco, il caso non è stato riaperto. Sono passati decenni e i responsabili sono morti".

La vicenda giudiziaria è stata ripercorsa dal giornalista Francesco Lepore nel libro Il delitto di Giarre, poi diventato anche un documentario. "L'inchiesta ha chiarito il coinvolgimento dei tessuti familiari e tra le righe la famiglia Galatola ha fatto comprendere che la responsabilità era stata quella del nonno di Francesco Messina, suocero di una sorella di Toni, probabilmente in accordo con il padre di Giorgio. Questo inserirebbe la vicenda nella logica del delitto d'onore che in quegli anni era molto diffusa. Il fatto che loro due si amassero era insostenibile, qualcosa che macchiava l'onore della famiglia. Anche se da un punto di vista giudiziario non esiste nessuna sentenza che confermi tutto questo", spiega ancora Patanè.

Il giornalista e attivista Francesco Lepore
Il giornalista e attivista Francesco Lepore

"La storia è ancora tragicamente attuale perché ci ricorda che nel nostro Paese si subisce ancora violenza e discriminazione per l'orientamento sessuale", aggiunge lo stesso Lepore, raggiunto da Fanpage.it. "Questa storia però ci apre anche alla speranza perché, come ben noto, un mese dopo il delitto di Giarre a Palermo nasce il collettivo omosessuale dell'Arci che sarebbe poi diventato Arcigay. Dalla morte violenta e drammatica di questi due ragazzi è nata una realtà molto importante, la massima associazione Lgbt+ in Italia e che ha segnato l'inizio della nuova stagione delle battaglie e rivendicazioni della comunità a livello nazionale".

"Oggi conosciamo tante cose grazie al coraggio della sorella di Toni, Enza Galatola, che ha confermato quello che si è sempre pensato, ovvero la pista del delitto d'onore. Anche se ormai i nonni di quel ragazzino che si autoaccusò sono morti. Il delitto rimane impunito perché la verità giudiziaria resta che è stato ‘Ciccio' Messina a uccidere la coppia", precisa Lepore.

"Toni e Giorgio sono diventati un simbolo, loro malgrado. Niente e nessuno potrà restituire la vita che avrebbero potuto avere, e questo è spaventoso pensarlo", ricorda ancora Patanè. "Tante persone hanno trovato nella loro vicenda il coraggio per portare avanti le loro rivendicazioni. E io stesso, da ragazzino sognante, innamorato del loro amore, sono diventato una persona coraggiosa e anche dalla loro storia è nato il mio percorso di militanza. Loro non volevano dimostrare qualcosa a qualcuno, volevano vivere la loro vita e non potevano immaginare che questo li avrebbe uccisi e trasformati in memorie ed eroi".

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