Verso il processo per la morte di Nino Agostino. Il padre: “Pronto a tagliarmi la barba”
L'omicidio di Nino Agostino è uno dei buchi neri negli anni di mafia che precedono gli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il poliziotto ammazzato insieme a sua moglie Ida il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini era probabilmente inserito in un nucleo speciale per la ricerca di latitanti e su quell'omicidio da 31 anni è calato il silenzio. Ora il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato si prepara a chiedere un processo nei confronti del boss Nino Madonia, di Gaetano Scotto e di Francesco Paolo Rizzuto, amico del poliziotto assassinato. Abbiamo intervistato il padre Vincenzo che in attesa della verità da più di 30 anni ha deciso di farsi crescere la barba finché non ci sarà una verità definitiva.
Caro Vincenzo, il procuratore Scarpinato finalmente ha dato una svolta alle indagini. È pronto a tagliarsi la barba?
Io me lo auguro. Dovrebbe andare tutto bene. Io ho molta fiducia in questi magistrati, ho sempre avuto fiducia nella magistratura.
Cosa pensa di Rizzuto, ex collega e amico di suo figlio, tra gli indagati?
Io già allora avevo dato degli elementi su come stavano le cose in quella giornata. Ora stanno indagando il giusto. Sono convinto che lui sappia qualcosa.
Lei aveva parlato anche di un ruolo di Giovanni Aiello, l'ex poliziotto soprannominato "faccia di mostro"…
Evidentemente la morte l’ha tagliato fuori. Ormai è morto.
Secondo lei perché Nino è stato ucciso?
Ha visto cose che non doveva vedere sul fallito attentato all’Addaura (si riferisce al fallito attentato al giudice istruttore palermitano Giovanni Falcone, avvenuto il 21 giugno 1989 nei pressi della villa che il magistrato aveva affittato per il periodo estivo, situata sulla costa siciliana nella località palermitana denominata Addaura nda). Ha capito di più più di quanto doveva capire.
È convinto che dietro al fallito attentato dell'Addaura ci siano menti non solo mafiose?
Esatto. Ora voglio vedere le carte.
Coltiva la speranza di vedere la verità?
Altrimenti per quale motivo devo campare allora. Mia moglie se ne andò con quel desiderio e non riposa in pace. Io sono in vita solo per questo, perché lei riposi in pace.
In questi anni si è sentito appoggiato nella sua battaglia?
Quello che mi ha portato avanti sono alcuni preti, la società civile, le scuole e gli amici che ho creato interno a me in questi anni e non mi hanno abbandonato un attimo. Ci ha dato molta fiducia.
Si potrà arrivare anche a sapere di più sugli attentati a Falcone e Borsellino?
Penso di sì. Oltre a Graviano ci sono alcuni che parlano. La magistratura non guarda in faccia nessuno e fa indagini come le deve fare.
La stampa le è stato vicino?
Voi della stampa e dei giornali dovete ricordarvi che non c’è soltanto Sanremo. A questi capoccioni della Rai consiglio di guardare altro e dare spazio a centinaia di famigliari che cercano la verità. Il tempo è maturo per andare fino in fondo.