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Verona, gli amici lo portano in tribunale per non aver diviso 2 milioni del Gratta e Vinci: assolto

Tre anni fa l’uomo aveva acquistato il biglietto vincente a Garda, ma per due amici era una “giocata in società”. Da lì l’accusa per appropriazione indebita. Ora l’uomo può godersi il maxi “bottino”.
A cura di Giovanni Turi
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Un Gratta e Vinci ultra milionario è stato al centro di un processo al Tribunale di Verona
Un Gratta e Vinci ultra milionario è stato al centro di un processo al Tribunale di Verona

La gioia di aver vinto 2 milioni di euro al Gratta e Vinci. Poi l'accusa di non aver diviso la vincita con due amici, che sostenevano di aver comprato il biglietto fortunato insieme. Un processo per appropriazione indebita durato tre anni, concluso con l’assoluzione. È la storia di un piastrellista brasiliano, Ricardo T., in Italia da sei anni con moglie e figlia.

Lunedì 16 settembre, presso il Tribunale di Verona, la giudice Sabrina Miceli ha accolto la richiesta di assoluzione dei suoi legali, mettendo la parola fine alla vicenda. E alla pronuncia delle parole “Il fatto non sussiste”, l’uomo è scoppiato a piangere e si è stretto in un abbraccio con la moglie. Ora può tenersi il "bottino" tutto per sé.

Tutto è iniziato dopo due vincite al Gratta e Vinci da parte dell’uomo di origini brasiliane nel giro di soli 20 giorni. Una a Modena di 800 mila euro. L’altra arriva il 22 febbraio 2021 a Garda: tra 5 biglietti acquistati da 20 euro l’uno, ce n’è uno che nasconde 2 milioni di euro. Proprio quest’ultimo si è rivelato oggetto di contesa.

I suoi due amici, Giovanni S. e Christian C., lo accusano di aver promesso la spartizione della vincita e di aver cambiato idea subito dopo, provando a incassare l’intera somma per conto di tutti e tre. E così Ricardo T., residente a Monzambano (provincia di Mantova) ma che lavora nel Veronese, è stato denunciato e portato in tribunale.

I due amici, un 51enne bresciano e un 62enne trentino residente nel Veronese, gli hanno fatto bloccare la vincita da 2 milioni. Anche se c’era già stato una prima frenata alla riscossione, visto che il piastrellista aveva tentato di incassarla in una banca a Peschiera del Garda.

Nulla di fatto: Banca d’Italia si era insospettita, segnalando l’uomo alla Guardia di Finanza. Le indagini successive hanno poi chiarito che le vincite non erano scaturite da una truffa ma dalla fortuna dell’uomo, che aveva l’abitudine di comprare pacchi di tagliandi.

In alcune fasi del processo, l’accusato ha persino rischiato fino a tre anni di carcere, oltre alla consegna di 540 mila euro ai due amici. A validare la tesi della “giocata in società” con i due amici era stato il pm Alberto Sergi, convinto dalle dichiarazioni di un operatore bancario secondo cui la stessa modalità di giocata era stata fatta anche da altre persone, nel momento in cui l'uomo aveva provato a riscuotere in filiale i 2 milioni di euro.

Ci sono state delle udienze molto tese. Al punto che una, quella di settembre 2023, stava quasi per finire in rissa tra i corridoi del tribunale. "Signor giudice, l’imputato ha minacciato mio marito", aveva detto la moglie di Christian C. al magistrato. E lo stesso Christian C. riportava: "L'imputato mi ha dato del mafioso".

In udienze precedenti, il piastrellista aveva sempre affermato che il biglietto lo aveva comprato lui. E aveva confermato di essere “un appassionato di Gratta e Vinci, gioco ‘forte’ – come riportato dal Corriere di Verona -. Seguo le statistiche e i sistemi di Lottomatica, mi informo sui posti dove si vince dai mille euro in su, così poi faccio i miei calcoli”.

In una sua testimonianza, peraltro, aveva detto di aver grattato il ticket davanti a Gianni S., con cui poi è partita una “festa, chiamando anche Christian C… Ho fatto fotografare loro il tagliando da due milioni, non credevo ci fosse malizia”. Dopodiché, aggiunge che aveva in testa di far loro un regalo: “80 mila euro a testa, l’equivalente del fatturato di un anno di lavoro”. Un’azione che aveva già compiuto con la vincita degli 800 mila euro nei confronti di un amico, a cui aveva regalato 20 mila euro.

Per gli amici, però, "quel tagliando super fortunato lo abbiamo acquistato insieme – sostenevano nel 2021 -, quindi la vincita va suddivisa in tre. Tra noi c’era un patto ben preciso, avevamo anche contattato un notaio e un commercialista, ma Ricardo ci ha tradito e all’ultimo momento ha tentato di incassare da solo tutto il maxi malloppo". Tre anni dopo, la decisione della giudice, probabilmente non convinta dalla tesi dei due amici del piastrellista. Le motivazioni della sentenza, ad ogni modo, saranno pubbliche a 90 giorni dall'assoluzione accolta.

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