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Poliziotti arrestati a Verona, ultime notizie

Verona, così i poliziotti accusati di tortura occultavano i pestaggi ripresi dalle telecamere

Gli agenti accusati di tortura e abusi su persone sottoposte a fermo nella Questura di Verona falsificavano anche gli atti relativi alle operazioni di polizia. Questo quanto attestato nelle 169 pagine dell’ordinanza sull’arresto di 5 agenti.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Esiste uno spazio non ripreso dalle telecamere di videosorveglianza, il cosiddetto "tunnel" in cui i 5 poliziotti accusati di tortura a Verona picchiavano le persone che in quel momento erano sotto la loro custodia. Secondo quanto accertato dalle indagini, sarebbero più di 5 le persone che tra il luglio del 2022 e il marzo del 2023 sono state picchiate, insultate e umiliate negli uffici della Questura di Verona.

Stando alle 169 pagine di ordinanza relative all'inchiesta sugli abusi dei poliziotti della Questura di Verona (sarebbero attualmente 17 gli indagati), alcuni degli agenti posti ai domiciliari avrebbero in concorso occultato i soprusi nascondendo le immagini delle telecamere di videosorveglianza.

Nelle prime pagine dell'ordinanza si prende in esame il verbale di un'operazione del 10 novembre del 2022. Gli agenti Filippo Rifici Failla, Roberto Da Rold, in concorso con altri due indagati, avrebbero attestato falsamente nel verbale che il turno dalla mezzanotte alle 7 del mattino si era svolto e concluso regolarmente, senza eventi da segnalare.

In realtà, stando a quanto emerso anche grazie alle immagini delle telecamere di videosorveglianza, poco prima Amiri T, un giovane fermato per essere identificato, aveva distrutto il citofono della Questura di Verona nel tentativo di non essere nuovamente chiuso nella stanza dei fermati, dove era già stato costretto a rimanere per un'ora e mezza.

Le violenze e il falso negli atti

Secondo quanto viene riportato nell'ordinanza, il giovane sarebbe stato fermato nel novembre del 2022 insieme a un amico dagli agenti della Volante Milano, Roberto Da Rold e Alessia Pirello. I due ragazzi erano stati accusati di aver danneggiato l'androne di un condominio e di aver causato disordini nel palazzo prima di darsi alla fuga. Tutti e due sono stati individuati in una casa abbandonata e portati in Questura per l'identificazione.

I due giovani, in stato di alterazione psicofisica, sono stati picchiati, aggrediti con lo spray al peperoncino e poi costretti nella stanza dei fermati senza neppure avere la possibilità di ripulirsi dallo spray urticante, così come previsto dalla legge. Lo spray avrebbe causato ai due ragazzi eruzioni cutanee e problemi respiratori.

Amiri avrebbe chiesto di andare in bagno, segnalando inoltre di avere dolori agli arti e difficoltà a respirare dovute all'utilizzo dello spray. Gli agenti presenti non gli hanno concesso di uscire dalla cella. "Prova a urinare verso l'alto – gli dice uno dei poliziotti indagati -, così ti cade in testa".

Il ragazzo sarà poi costretto a fare pipì nell'angolo della stanza dei fermati, esattamente come nel caso di un altro senzatetto costretto a urinare nella cella per poi essere utilizzato come uno straccio per pavimenti per pulire le tracce.

Le telecamere di videosorveglianza

Solo davanti alle lamentele dell'amico, Amiri T. riceve il permesso di andare in bagno accompagnato da Roberto Da Rold. Qui il poliziotto "dimentica" le telecamere di videosorveglianza e viene ripreso mentre spintona il giovane che non voleva tornare nella stanza dei fermati. Sotto l'occhio della telecamera, l'agente ha picchiato in pieno viso Amiri T., insultandolo e colpendolo più volte con violenza. Nel tentativo di ribellarsi alle torture e fuggire, il detenuto ha danneggiato il citofono della Questura con l'utilizzo di una transenna.

Il falso attestato nel verbale

Nonostante le torture subite dai due – trattenuti nella stanza dei fermati per più di un'ora – gli agenti hanno sottolineato nel verbale di aver portato a termine il turno senza particolari eventi da segnalare pur avendo assistito e partecipato ai soprusi. Nella relazione non vengono citate le telecamere di videosorveglianza, delle quali i poliziotti erano a conoscenza e le riprese non sono mai state analizzate fino all'inizio delle indagini per tortura.

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