Mancano i verbali delle riunioni tra il 22 e il 27 di gennaio, quando non si sa bene perché l'ordine di testare tutte le polmoniti virali anomale si trasformò nell'ordine di testare solo quelle di chi proveniva dalla Cina.
Mancano i verbali del periodo tra l'1 e il 7 marzo, i giorni in cui si decise di non fare la zona rossa ad Alzano e Nembro, condannando Bergamo a essere l'epicentro globale della pandemia nei mesi a venire.
Mancano i verbali dell'8 e del 9 marzo, quelli in cui si decise il lockdown di tutta l'Italia, ma curiosamente c'è quello del 7, in cui il CTS suggeriva chiusure parziali e differenziate.
Per carità, la Fondazione Luigi Einaudi avrà avuto i suoi buoni motivi a chiedere la pubblicazione di soli 5 delle decine di verbali delle riunioni del Comitato Tecnico Scientifico durante l’emergenza Coronavirus, segnatamente il verbale 12 del 28 febbraio, il 14 del 1 marzo, il 21 del 7 marzo, il 39 del 30 marzo e il 49 del 9 aprile. Avranno avuto i loro motivi. E avrà i suoi buoni motivi il governo per tenere segreti tutti gli altri.
Però, davvero, quei verbali ci dicono poco o nulla relativamente agli snodi cruciali dell’emergenza che stiamo ancora vivendo, quella che ha sinora causato 35mila morti in Italia, che farà crollare il Pil di una decina di punti percentuali, che lascerà centinaia di migliaia di persone senza lavoro, e chissà quanti buchi e quante lacune nell’istruzione degli studenti italiani.
I primi verbali che ci piacerebbe leggere sono quelli delle riunioni tra il 22 e il 27 gennaio, se mai ci sono state. In quei cinque giorni la circolare del ministero della salute in cui si diceva di testare al Covid-19 tutte le polmoniti virali anomale viene sostituita da una circolare in cui si dice di testare solo le polmoniti di chi proviene dalla Cina o di chi è entrato in contatto con chi ha viaggiato. Un cambio di rotta che probabilmente ci ha impedito di scoprire la presenza del virus in Italia settimane prima da quel maledetto 20 febbraio. Non sapremo mai quante vite si sarebbero potute salvare, se quella decisione non fosse mai stata presa. Però, di grazia, ci piacerebbe sapere chi e come ha preso quella decisione. Di certo non il CTS, istituto ufficialmente solo il 5 febbraio. Chi, allora?
Mancano anche i verbali del periodo tra l’1 e il 7 marzo, i giorni in cui si decise di non fare di quel pezzo di val Seriana tra Alzano e Nembro una nuova zona rossa sul modello del triangolo Casalpusterlengo-Codogno-Castiglione d’Adda. I dati dei mesi seguenti – Basso Lodigiano a zero contagi e Bergamo con un eccesso di mortalità record nel mondo – dimostrano che quella sarebbe stata la scelta migliore, e oggi nessuno si azzarda a sostenere una tesi contraria. Tuttavia, stiamo assistendo da mesi a un rimbalzo di responsabilità stucchevole tra Governo e Regione Lombardia su chi doveva prendere quella decisione e non l’ha fatto. Di grazia, di nuovo, ci fate vedere quei verbali, anche solo per capire con chi dobbiamo prendercela davvero?
Mancano, infine i verbali delle riunioni dell’8 e del 9 marzo, quelle immediatamente precedenti al lockdown che ha chiuso a doppia mandata l’Italia per un mese abbondante. Certo, c’è quello del 7, in cui il Comitato Tecnico Scientifico propone un chiusura differenziata in funzione del numero dei contagi, regione per regione, dando facoltà alle istituzioni regionali stesse di istituire altre zone rosse. Sappiamo però dai numeri progressivi dei verbali, che il CTS si riunì anche l’8 e il 9 di marzo. E sappiamo pure che nel Dpcm del 9 marzo, quello del lockdown, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non fece riferimento ad alcun parere del Comitato Tecnico Scientifico. Perché lo fece, e cosa consigliò il Cts in quelle due riunioni non lo sappiamo.
Forse lo sapremo il 10 di settembre, quando una sentenza del Consiglio di Stato deciderà della pubblicazione di tutti gli altri verbali. Certo, se la trasparenza sono 5 verbali scelti “a caso” su tre mesi di riunioni del Comitato Tecnico Scientifico forse era meglio l'opacità sovietica alla trasparenza.