“Questa casa non la voglio perdere. Prima che vengano a prendersela, la faccio saltare in aria con dentro me e mio figlio”. A parlare è Monica, un'ex imprenditrice 46enne di San Stino di Livenza, in provincia di Venezia. Se entro l’8 luglio non restituirà un debito di 49mila, la sua abitazione andrà all'asta. Monica ha raccontato la sua delicata situazione a Fanpage.it con la speranza che qualcuno la aiuti.
Nel 2009, la donna decide di aprire una società di energie rinnovabili. La sua è una piccola azienda: oltre a lei ci lavora il suo socio e una segretaria. Commercializzano pannelli fotovoltaici e gli affari sembrano andare per il meglio. Fino al febbraio del 2012, quando scopre che il suo socio la sta truffando. Il socio, infatti, tiene per sé i proventi delle vendite dei pannelli solari mentre sommerge l’azienda di debiti. Monica decide quindi di lasciare la società pensando sia sufficiente per togliersi dai guai. Sarà, invece, l’inizio del suo calvario.
Quando la banca comincia a richiedere la riscossione dei prestiti, l'ex piccola imprenditrice capisce fino a che punto è stata ingannata. “Sono venuta a sapere che lui aveva fatto una copia del mio documento d'identità, falsificato la mia firma e usato casa mia come garanzia per i debiti”. In pratica, Monica si ritrova, a sua insaputa, ad essere fideiussore con l’istituto di credito. E, nel momento in cui decide di denunciarlo, scopre che l’ex socio è nullatenente. “I carabinieri mi hanno detto che avrebbe portato i soldi in Croazia – continua – e c’erano poche possibilità di recuperarli”. Il socio pare non sia nuovo alle truffe: nel 2009, assieme a due complici, organizza un finto furto per incassare il premio dell’assicurazione. I tre, però, vengono scoperti e denunciati dai carabinieri di Pordenone. Secondo gli inquirenti, oltre ad aver simulato il furto per ottenere il risarcimento assicurativo, hanno anche piazzato la merce “rubata" sul mercato clandestino.
L’ex imprenditrice, nonostante questa disavventura, non si arrende e riesce a trovare un lavoro presso un’azienda marchigiana, sempre del campo delle energie rinnovabili. Anche questa volta, purtroppo, la fortuna non è dalla sua parte. “Dopo alcuni anni di lavoro – afferma – la società è fallita e non mi ha pagato quasi 30mila euro che mi doveva”. I problemi per Monica non finiscono qui perché, divorziata da tempo, è da sola ad occuparsi di Jimmy, il figlio di 25 anni gravemente malato. “I medici stanno aspettando che aumenti un po’ di peso per poterlo operare – dice tra le lacrime – perché devono asportargli una parte di colon”.
Nel 2016, la banca le esige decine di migliaia di euro: con gli interessi, la somma è lievitata a 180mila euro. Una somma che Monica non possiede. Come alternativa, l’istituto di credito le propone di restituire il valore della sua casa, stimata da un esperto 49mila euro. Senza genitori, deceduti a distanza di un anno l’uno dall'altro, e pressata dalla banca, la situazione è sempre più complicata. “Pensavo di aver risolto i miei problemi quando ho conosciuto un uomo che è diventato il mio fidanzato. Suo padre non ha problemi economici – sottolinea – e si è offerto di pagare il mio debito. Così abbiamo stipulato un accordo privato: i soldi glieli avrei restituiti un po’ alla volta, quando sarei riuscita a trovare un lavoro stabile. A garanzia ho dato la mia casa, ma sembrava più che altro una formalità. Credevo fosse la fine di un incubo”. Dopo un anno, la relazione con il fidanzato si interrompe e a gennaio 2019 arriva la doccia fredda: il padre dell’uomo si è rivolto ad un avvocato per riscuotere il prestito. “Mi è arrivata la comunicazione che, se non avessi pagato, la mia casa sarebbe stata messa all'asta”.
“L’8 maggio c’è stata la seconda udienza e il giudice di Pordenone, seppur dispiaciuto, mi ha detto che avevo due mesi di tempo per restituire i 49mila euro. Altrimenti la casa è ufficialmente in vendita”. Monica cerca altri finanziamenti, ma le banche sono irremovibili. Riesce a trovare un lavoro part-time che a malapena è sufficiente al mantenere lei e il figlio. “Ho inviato il mio curriculum a tutte le aziende di lavoro interinale però mi dicono che è difficile per una persona della mia età trovare un’occupazione. Adesso distribuisco pasti ai bambini dell’asilo qui in paese ma è un lavoro a tempo determinato”. Ritornando al problema che l’affligge, Monica si dice così amareggiata da aver pensato al suicidio. “E' la casa dei miei genitori. E' l’unica cosa che possiedo, e se me la portano via non vale più la pena di vivere”. E conclude con un appello: “Chiedo a chiunque possa aiutarmi di darmi una mano perché sono disperata”. Se qualcuno vuole mettersi in contatto con Monica può scrivere a segnalazioni@fanpage.it.