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Vasto, la guerra dei legali sulla dinamica dell’incidente: intervenne anche l’Ordine

L’incidente che coinvolse la 34enne Roberta Smargiassi a lungo tenne aperto il dibattito sui media locali della zona. I legali difensori delle due parti scrissero uno in risposta all’altro due lettere, spiegando la dinamica dell’incidente e smentendo le versioni fornite dalla parte avversa. Tanto lo scontro mediatico era diventato aspro, che lo scorso gennaio intervenne l’ordine forense di Vasto per placare le acque e riportare il dibattito lontano dal terreno della “spettacolarizzazione del processo”.
A cura di Charlotte Matteini
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roberta fabio fb

L'incidente in cui ha perso la vita il 1° luglio 2016 Roberta Smargiassi, la moglie dell'uomo che oggi, a distanza di mesi dalla morte della coniuge, ha ucciso il 21enne Italo D'Elisa a suo tempo sconvolse la comunità di Vasto, cittadina in cui Roberta e il marito Fabio abitavano. Nel corso dei mesi i concittadini di Roberta chiesero giustizia e organizzarono fiaccolate in suo onore, ma parallelamente i legali difensori della famiglia della vittima e dell'investitore si sfidavano sui giornali a colpi di lettere, smentendo e spiegando la dinamica dell'incidente e quali colpe erano attribuibili al responsabile della morte della 34enne Roberta. Nella prima missiva inoltrata dall'avvocato Pompeo Del Re, difensore del 21enne Italo D'Elisa, si spiega per quale motivo la dinamica dell'incidente che ha coinvolto la donna non sarebbe imputabile al giovane, ma solo alla fatalità del caso:

"Senza nulla voler togliere al giusto dolore dei familiari della sig.ra Smargiassi, nell'esaminare gli atti di indagine sino a poco tempo fa secretati, si può valutare quanto accaduto con maggiore serenità e con il conforto di dati oggettivi.

Si deve premettere che lo stesso indagato, un giovane di appena venti anni all'epoca dei fatti, nonché i suoi familiari sono rimasti profondamente segnati e provati da quanto avvenuto, tanto che il sinistro anche per loro costituisce un evento drammatico e con profondi risvolti emotivi. L'indagato, persona sensibile e da sempre attiva nel volontariato ed in attività di protezione civile, non dimenticherà mai i momenti tragici dell'incidente".

La lettera del legale prosegue sostenendo che D'Elisa non sarebbe il pirata della strada che le cronache contribuiscono a dipingere, ma solamente un ragazzo che, suo malgrado, si è trovato coinvolto in un incidente mortale. "Gli atti di indagine, tuttavia, dimostrano che il mio assistito non è affatto un pirata della strada, ma una persona che, pur essendosi trovata coinvolta, suo malgrado, in un sinistro con esito mortale, tuttavia, sull'onda dell'emotività, è stata additata come il solito pirata della strada. Ebbene ciò non risponde al vero: subito dopo il sinistro, il mio patrocinato, pur essendo anch'egli ferito e gravemente scosso, non ha omesso soccorso, ma ha immediatamente allertato tutte le Autorità competenti e chiesto l'intervento di personale medico / sanitario".

D'Elisa, dunque, non risultava in stato di ebrezza o sotto sostanze stupefacenti, guidava nel rispetto dei limiti di velocità e la manovra imprudente che ha portato allo schianto fatale contro Roberta fu messa in atto dal giovane nel tentativo di evitare l'impatto con un motoveicolo che stava sopraggiungendo, concludendo la disamina sostenendo che il giovane non dovesse essere incriminato per l'omicidio stradale della donna.

"Gli esami medici ed ospedalieri hanno accertato che il medesimo non guidava in stato di ebrezza, né con coscienza alterata dall'uso di sostanze stupefacenti: gli stessi esami dimostrano che di tali sostanze il mio assistito non ha mai fatto uso. In più dalle registrazioni della scatola nera montata sul veicolo condotto dall'indagato risulta certo che quest'ultimo teneva una velocità pienamente rispettosa dei limiti imposti […]

La visione dei filmati acquisiti nel corso delle indagini consente di verificare che il mio assistito si trovava a percorrere corsia favorita da luce semaforica verde e, giunto all'intersezione con Via Giulio Cesare, era costretto ad effettuare manovra di emergenza di sterzata a sinistra, al fine di evitare l'impatto con il motoveicolo […]

La visione dei filmati consente altresì di verificare che, in effetti, il motoveicolo effettuava manovra che lo portava a intersecare e frapporsi sulla regolare traiettoria del veicolo condotto dal mio cliente e ciò accadeva anche per la particolare e pericolosa conformazione dell'incrocio, costituito da strade sfalsate e per di più poco illuminate (a causa dei rami degli alberi che, specie su Corso Mazzini, nella bella stagione, coprono lampioni e lanterne semaforiche). Anche di ciò vi sono riscontri oggettivi costituiti dalla posizione della vettura rilevata dal gps e dalle foto in atti e dall'indice di sinistrosità dell'intersezione, tra i più alti in città. Le riprese video evidenziano, altresì, che alla motociclista il casco, peraltro non integrale, si è sfilato immediatamente e, quindi, è legittimo dedurne che esso non fosse stato regolarmente allacciato e che ciò ha determinato l'esito letale del sinistro. Si noti, infatti, che in data 24.10.2016, nella stessa intersezione, un altro centauro è stato purtroppo coinvolto in un sinistro e, pur disarcionato, non ha visto il casco sfilarsi immediatamente al momento dell'urto, in quanto regolarmente allacciato.

Si ritiene, dunque, che la dinamica del sinistro evidenzi una serie di fatalità non imputabili all'indagato".

In risposta alla lettera dell'avvocato Del Re, prontamente giunge anche la versione del legale della famiglia di Roberta Smargiassi, Giovanni Cerrella, che invece è di diverso avviso e sostiene che il capo d'imputazione a carico di D'Elisa sia omicidio stradale "dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale relative all'eccessiva velocità e al mancato rispetto del segnale con luci rosse dell'impianto semaforico", smentendo quindi le tesi di Del Re.

"Il capo d'imputazione a carico dell'uomo è quello di omicidio stradale aggravatodalla violazione delle norme sulla circolazione stradale relative all'eccessiva velocità e al mancato rispetto del segnale con luci rosse dell'impianto semaforico.

E' stato infatti rilevato dal CT (che si è avvalso sia dei dati della scatola nera montata sul veicolo condotto dall'indagato sia della ricostruzione della dinamica) che il conducente teneva una velocità non adeguata e al di sopra dei limiti consentiti per il tratto di strada percorso e, soprattutto, per l'orario notturno (pag. 41 dell'elaborato peritale).

Inoltre, contrariamente a quanto dichiarato dal difensore, l'indagato non rispettava il segnale orizzontale di svolta a destra ma proseguiva dritto, ignorando l'impianto semaforico che era con lanterna rossa e imponeva, quindi, l'obbligo di arresto (pag. 41 dell'elaborato peritale).

Non corrisponde al vero quanto affermato dal difensore dell'indagato circa il fatto che la vittima non indossasse il casco protettivo.

L'avvocato Cerrella sostiene inoltre che la sua assistita indossasse regolare casco di protezione correttamente allacciato e funzionante, smentendo nuovamente Del Re e sottolineando che alcuna contestazione può essere mossa nei confronti di Roberta Smargiassi. Inoltre, stando al video dell'incidente era chiara la responsabilità di D'Elisa, l'attraversamento nonostante il rosso, rilevando che "lo stesso indagato ha nel verbale di contestazione alle innumerevoli violazioni al Codice della Strada dichiarato: "Svoltavo a destra all'incrocio, ho ripensato e ho deciso di proseguire dritto verso c.da Incoronata" (pag. 45 fascicolo della procura). Ciò a dimostrazione del fatto che era sua intenzione andare dritto e non, come falsamente rappresentato, svoltare a destra ed inoltre che l'auto era in piena accelerazione al momento dell'urto e il conducente non ha fatto nulla per evitare l'impatto". 

Tanto lo scontro mediatico tra le parti si era inasprito nel corso dei mesi, che lo scorso gennaio l'ordine forense di Vasto fu costretto a intervenire pubblicamente nel tentativo di sedare la guerra sui giornali: "La comunità vastese nel corso del 2016 ha pagato un duro prezzo per le numerose, troppe giovani vite che non ci sono più perché perdute o perché segnate per sempre dal dramma che le ha viste coinvolte, ciascuna con la propria famiglia e affetti. La dimensione privata del dolore e dei fatti merita comprensione e rispetto. Altrettanto deve realizzarsi, però, per la dimensione pubblica", si legge nella nota. "Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vasto ritiene doveroso intervenire per ricordare che, nei rapporti con i mezzi di informazione, l’avvocato ha il dovere deontologico di ispirarsi a criteri di equilibrio e misura, nel rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza, oltre che di riguardo alla dignità, al decoro e alla funzione sociale della professione forense. La spettacolarizzazione del processo, sempre più dilagante con particolare riferimento a quello penale, ancor più inopportuna nella fase procedimentale successiva alla chiusura delle indagini, non aiuta i cittadini a meglio comprendere le dinamiche dell’esercizio della giurisdizione, che certamente trova i suoi protagonisti negli avvocati e nei magistrati, oltre che negli altri soggetti coinvolti".

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