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Valentina Petrillo, la prima atleta paralimpica transgender in corsa per Tokyo 2021

Valentina Petrillo, ipovedente a causa di una malattia incurabile, ha iniziato il percorso di transizione quasi due anni fa e adesso gareggia fra le donne. Fino al 2018 era Fabrizio, conquistando numerosi titoli nella sua categoria paralimpica, ma dopo oltre 40 anni, un matrimonio e un figlio, “ho detto basta”. La sua storia diventerà un film.
A cura di Beppe Facchini
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Anche se per tutti è stata Fabrizio per oltre quarantanni, Valentina Petrillo, originaria di Napoli ma “bolognese” dal 1994, lo aveva capito fin da bambina: il corpo nel quale è nata era quello sbagliato. E dopo aver nascosto per quasi una vita intera ciò che realmente ha sempre saputo di essere, il percorso di transizione è finalmente cominciato a gennaio del 2019, arrivando oggi a scrivere una pagina importantissima nella storia dei diritti Lgbt nel nostro Paese (e non solo). Valentina Petrillo, infatti, è la prima atleta transgender al mondo ammessa a correre fra le donne per puntare a Tokyo 2021. L'esordio assoluto c'è stato a Jesolo a inizio settembre, in occasione del primo evento Fispes dopo il lockdown per atleti paralimpici. Il secondo appuntamento con lei in pista, fra qualche giorno, ci sarà invece ad Arezzo, dove sono in programma il prossimo weekend i campionati italiani organizzati stavolta dalla Fidal. “Aver rotto certi schemi nel mondo dello sport è la cosa più forte che ho fatto” assicura Valentina a Fanpage.it, raccontando la sua storia, quella di una persona che ne ha dovute affrontare davvero tante. A partire dalla Sindrome di Stargardt, una degenerazione maculare ereditaria, per la quale ancora oggi non c'è cura. Ipovedente, Valentina è infatti una fortissima velocista paraolimpica nella categoria T12.

La malattia è arrivata all'età di 14 anni. “Io in quel momento avevo dei dubbi, era la fase dell'adolescenza, dello sviluppo in tutti i sensi -ricorda-, ma per forza di cose ho dovuto prima di tutto elaborare la malattia, accettarla”. E non è stato per niente facile. Arrivata a Bologna, dove tuttora lavora come programmatrice, Valentina è comunque riuscita, un po' alla volta, a fare i conti con la sindrome che l'aveva colpita, continuando però a sentire il disagio per quella vita che non le sembrava sua. Nei panni di Fabrizio si è fidanzata, sposata, messo alla luce un bambino e tolta diverse soddisfazioni grazie allo sport, prima nel calcio per ipovedenti (“Sono anche arrivata in nazionale”), poi nell'atletica, con il mito di Pietro Mennea. Fra il 2016 e il 2018 ha vinto ben 11 titoli italiani di categoria, fino a quando non ha deciso di dire basta. E, ironia della sorte, lo ha fatto proprio a Jesolo nell'ottobre di due anni fa, con l'ultima competizione sportiva di Fabrizio.

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“Per prima cosa l'ho detto a mia moglie” racconta ancora Valentina, ammettendo: “Quando lei non c'era indossavo i suoi vestiti, mettevo lo smalto, mi truccavo. Ma stavo male”. Vivere due vite, insomma, era uno strazio. Per fortuna, anche se naturalmente il rapporto con la donna sposata appena un anno prima si è adattato alla situazione, cambiando in qualcosa, il legame fra le due è rimasto forte. E Valentina non è mai stata da sola, intraprendendo il lungo percorso di transizione con sua moglie e senza dimenticarsi di quel figlio che oggi è ancora un bambino. “Sta vedendo i miei cambiamenti, mi ha fa moltissime domande e continua a chiamarmi papi: non ha un padre maschio come tutti gli altri, ma sicuramente ha un padre che sarà sempre con lui” continua Valentina, ovviamente anche un po' spaventata da cosa potrà succedere quando sarà più grande. “Vedremo col tempo, la mia è una cosa molto in evoluzione: ha visto trasformarsi il papi in una donna e per adesso lo vedo tranquillo”.

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La storia di Valentina, così come il suo primato da atleta transgender in pista per le prossime Paralimpiadi, diventerà un film-documentario: "5 nanomoli – Il sogno olimpico di una donna trans". È attualmente in lavorazione, prodotto da Ethnos e Gruppo Trans, con il sostegno di Uisp-Unione Italiana Sport Per tutti e Arcigay-Associazione Lgbti italiana. Verrà sviluppato con la consulenza di Joanna Harper, studiosa canadese, autrice di numerosi studi sugli atleti transgender, e con il coinvolgimento di organizzazioni statunitensi, tra le quali la rivista Outsports, che si occupano della corretta rappresentazione delle persone trans nei media. Oggi i parametri di Valentina sono nei limiti richiesti per poter gareggiare nel genere femminile, ma l'iter burocratico, legale e medico che ha coinvolto anche Fispes, il Comitato Italiano Paralimpico (Cip) e World Para Athletica, non è stato semplice. Ma Valentina Petrillo ce la sta facendo. “Ho avuto sempre molta paura di espormi, di far uscire quello che effettivamente sono dentro, anche perchè quelle che vedevo in televisione, sui media o in strada erano esempi che non mi rappresentavano e per questo non mi sono mai vista come una persona trans -conclude-. Ma adesso ho capito cos'è che non mi faceva sentire felice e contenta”.

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