Uomo ucciso da hantavirus: perché non devi preoccuparti di una nuova epidemia
La morte di un uomo cinese a causa di un'infezione da hantavirus, un patogeno a RNA come il coronavirus SARS-CoV-2, ha sollevato un'ondata di allarmismo che sta dilagando soprattutto sui social network. In molti, infatti, hanno associato il decesso dell'uomo alla possibile emersione di una nuova e catastrofica epidemia, innescata da un virus nuovo e letale alla stregua di quello responsabile della COVID-19. Fortunatamente, non solo siamo innanzi a un patogeno già ben noto agli scienziati, ma non esiste alcun rischio di epidemia, tanto meno di una pandemia come quella che sta mettendo in ginocchio il mondo intero. Ciò è dovuto principalmente alle caratteristiche di trasmissibilità degli Hantavirus, patogeni a singolo filamento conosciui anche col nome di “ortohantavirus”.
Come si trasmette l'hantavirus
Gli hantavirus sono virus che circolano nei roditori come topi e ratti, e sono in grado di infettare l'uomo quando si entra in contatto “con le feci, la saliva o l’urina dei roditori infetti o per inalazione del virus presente negli escreti dei roditori”, come sottolineato dal Ministero della Salute. Ne esistono diversi ceppi, responsabili di infezioni virali anche molto gravi. Sulla base di quanto riportato dall'autorevole Manuale MSD, un punto di riferimento in ambito sanitario, in base al ceppo vengono colpiti organi diversi; un ceppo presente in particolar modo in America – chiamato virus Sin Nombre – è responsabile della sindrome polmonare da hantavirus (hantavirus pulmonary syndrome, HPS), mentre in Europa, Asia ed Africa il ceppo di hantavirus provoca la febbre emorragica con sindrome renale (hemorrhagic fever renal syndrome, HFRS). I casi umani di hantavirus, spiega il Ministero della Salute, si verificano soprattutto in aree rurali come foreste, campi e fattorie, dove vi è una significativa concentrazione di topi infetti. Le particelle virali rilasciate dai loro fluidi biologici possono infatti contaminare il terreno e gli oggetti, ed entrando in contatto con essi (ad esempio respirando la polvere con carica virale) è possibile restare contagiati. Si può restare infettati anche attraverso il morso di un topo, ma come spiegano i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) statunitensi si tratta di un evento molto raro.
Trasmissione da uomo a uomo
Ancora più improbabile la trasmissione da uomo a uomo, documentata solo in pochissime circostanze in Sud America (Cile e Argentina) e con uno specifico ceppo di hantavirus noto come “Virus delle Ande”. Proprio perché la trasmissione tra uomini è ritenuta assai improbabile ed è legata solo allo stretto contatto, non c'è alcun rischio che gli hantavirus possano innescare focolai epidemici paragonabili a quelli del SARS-CoV-2. Quest'ultimo, del resto, è un virus particolarmente contagioso che si diffonde principalmente attraverso il droplet (le goccioline espulse dalla bocca quando tossiamo, starnutiamo e parliamo). È il motivo per cui viene richiesto il distanziamento sociale di almeno un metro tra le persone. A sottolineare che non siamo innanzi a un rischio di epidemia da hantavirus vi è anche la dottoressa Sumaiya Shaikh, che su Twitter ha pubblicato un cinguettio sibillino: “Per favore, non fatevi prendere dal panico, a meno che voi non abbiate intenzione di mangiare ratti”, ha affermato la ricercatrice australiana specializzata in Neurofisiologia.
Il tempo di incubazione degli hantavirus e i sintomi
In base a quando indicato dai CDC americani, il tempo di incubazione per la sindrome polmonare da hantavirus (HPS) è stimato tra una e otto settimane. Secondo gli scienziati del Dipartimento di Trasfusioni presso l'Ospedale Xijing, autori dell'articolo “Hantaan Virus RNA Load in Patients Having Hemorrhagic Fever With Renal Syndrome: Correlation With Disease Severity”, per la febbre emorragica con sindrome renale (HFRS) esso è invece compreso tra due e quattro settimane. Le due condizioni, come riportato dal Manuale MDS, presentano di base sintomi molto simili, come febbre improvvisa, cefalea e dolori muscolari. La sindrome polmonare evolve con “tosse e respiro affannoso”, che possono portare a infiltrazione di liquido infiammatorio nei polmoni (come con la COVID-19) e riduzione della pressione arteriosa. È letale in circa il 50 percento dei casi. La febbre emorragica con sindrome renale è un'infezione meno seria e in alcune persone può essere persino asintomatica. Nei pazienti che si aggravano, spiegano gli specialisti del Manuale MDS, “si sviluppa grave ipotensione arteriosa (shock), si instaura un’insufficienza renale e la produzione di urina può interrompersi (anuria)”. È letale fino al 15 percento dei casi.