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Uno Bianca, 27 anni fa l’omicidio di Luigi Pasqui e Paride Perini

Il 27 dicembre del 1990, Luigi Pasqui e Paride Perini furono uccisi a Bologna a pochi minuti di distanza dai killer della ‘Uno bianca’. Le vittime innocenti della banda che terrorizzò l’Italia furono 24.
A cura di Angela Marino
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Il 27 dicembre del 1990, Luigi Pasqui, commerciante di 50 anni veniva ucciso a Bologna mentre tentava di dare l'allarme per una rapina a un distributore di Castelmaggiore. Pochi minuti dopo, a Trebbo di Reno, veniva freddato Paride Pedini, la cui una colpa era essersi avvicinato a una Uno bianca della famigerata banda, appena abbandonata con gli sportelli aperti durante un cambio di automobile.

Sono solo due delle 24 vittime innocenti seminate in Emilia Romagna tra il 1987 – 1994 dalla banda criminale guidata dai fratelli Roberto e Fabio Savi il cui nome è legato alla Fiat Uno di colore bianca usata per mettere a segno rapine e omicidi perché di uso estremamente comune in quegli anni. I killer del cartello criminale miravano a rapinare importanti istituti di credito per finanziare le proprie attività e non avevano scrupoli nell'eliminare chiunque fosse d'intralcio o fosse involontario testimone, come accadde nel '90 al povero Paride Pedini.

La storia della Uno bianca

Il gruppo, riuscì a operare per anni nella totale impunità, fino a quando nel 1994, le indagini non passarono nelle mani di due agenti: l'ispettore Luciano Baglioni e il sovrintendente Pietro Costanza. A loro si deve l'intuizione che alcuni dei membri della banda potessero appartenere alle forze dell'ordine, rivelatasi poi fondamentale per comprenderne le mosse. Aggressioni e delitti venivano messi in atto con tattiche paramilitari che ricordavano l'addestramento della polizia, come ad esempio quelle adoperate nella ‘Strage del Pilastro' e l'utilizzo di armi in uso alle forze dell'ordine e di difficile reperibilità per i civili, come il fucile Beretta AR 70/90.

La cattura

Il lavoro dei poliziotti e quello del pool istituito per la cattura della banda riuscì a far identificare uno dei suoi membri mentre si appostava davanti a un istituto di credito per pianificare una rapina. Si tratta di Fabio Savi, uno dei due ‘boss' dell'organizzazione, avvistato mentre parcheggiava una Fiat Uno bianca con targa occultata davanti a una banca del riminese e, fu seguito fino al covo della banda a Torriana, portando all'arresto di tutti i componenti della compagine. Fabio, Roberto e Alberto Savi vennero condannati a tre ergastoli ciascuno mentre un ergastolo toccò a Marino Occhipinti. Tutti gli altri membri del gruppo furono condannati a pene inferiori.

Per anni è circolata la teoria secondo la quale dietro la banda della Uno Bianca ci fossero interessi dei Servizi Segreti italiani.

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