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Università, Cantone propone un commissario esterno nei concorsi e denuncia i conflitti d’interesse

L’inchiesta della procura di Firenze sull’università ha fatto emergere “fatti eclatanti”, secondo il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, che lancia l’idea di un commissario esterno per i concorsi negli atenei e punta il dito contro i conflitti d’interesse e il “deficit etico” nelle facoltà italiane.
A cura di Stefano Rizzuti
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La corruzione emersa in questi giorni all’interno dell’università in Italia è anche causata dalla diminuzione dei finanziamenti nel settore e il sistema universitario italiano ha bisogno di cambiare, magari anche con nuove idee per quanto riguarda le commissioni dei concorsi e la loro composizione. Questa è l'opinione di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, intervistato da Repubblica dopo l'inchiesta della procura di Firenze. Cantone parla del piano cui sta lavorando da febbraio con la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli con “uno specifico focus sull’università che punterà sulla prevenzione”.

Il piano anticorruzione per l’università “prevede un ruolo attivo dei responsabili anticorruzione, presenti in ogni ateneo. Dovranno vigilare sulle incompatibilità, ovviamente sui concorsi, soprattutto sugli incarichi professionali esterni e sulle consulenze”, spiega Cantone aggiungendo che “spesso i conflitti di interesse nascono sulle consulenze esterne che rischiano di diventare l’attività più remunerativa”.

Cantone lancia una proposta per le commissioni universitarie per i concorsi, considerando che questo piano non interverrà su questo fattore specifico: “In ogni commissione, per un’abilitazione, per un concorso, dovrebbe entrare una personalità esterna al mondo accademico. Perché non immaginare uno scrittore a giudicare, insieme agli altri, una prova di Letteratura italiana? Un medico, un ingegnere e un avvocato nello loro discipline? Nessuno vuole sminuire il mondo accademico, ma la contaminazione è un valore. Non conosco una categoria più gelosa delle proprie libertà dei magistrati, eppure nelle commissioni di concorso in magistratura ci sono proprio i docenti universitari”.

La legge Gelmini, intervenuta contro i familismi, pur essendo stato un provvedimento duro, è stata aggirata in qualche modo secondo Cantone: “Dobbiamo constatare che negli atenei italiani c’è un deficit etico e soprattutto un’abitudine a tollerare l’andazzo, a considerarlo parte del sistema. Questo clima è così pesante che chiunque non sia stato scelto urla all’ingiustizia. Il contenzioso è enorme”.

Sul rapporto tra fondi per l’università e corruzione, il presidente dell’Anac argomenta: “I pochi posti disponibili creano una competitività estrema che può spingere alcuni a mettersi in cordata. Fino al dottorato il percorso è naturale, dopo, nella carriera universitaria, si crea un imbuto stretto che genera il fenomeno della fuga dei cervelli e può alimentare corruzione. La vita di un ricercatore italiano è durissima e rischiosissima”.

Cantone torna poi sull’inchiesta della procura di Firenze che “sta facendo emergere fatti eclatanti”: “L’ordinanza cautelare mostra un sistema di controllo sui corsi universitari basato su logiche di appartenenza e mai sul merito. A tavolino si decideva chi doveva entrare e chi no”. Quello che ne emerge è un quadro “preoccupante per l’università italiana. Conferma quello che avevo detto proprio a Firenze un anno fa riguardo alle segnalazioni di malcostume universitario: poi ricevetti un pacco di lettere di professori indignati per quello che avevo detto. Mi scrissero ‘fuori le prove’. Quello universitario è un modo suscettibile e capace di grandi difese corporative. Il rapporto professionale padre-figlio, ricorrente di per sé, in facoltà è forte”.

Sulle denunce pervenute all’Anac, il presidente dell’anticorruzione spiega che ne arrivano diverse e che vengono girate “alle procure di competenza. Ci segnalano soprattutto casi di conflitti d’interesse”, dice Cantone. Che inoltra rassicura chi vuole denunciare: “Bisogna aiutare i whistleblowers. A mettersi contro il sistema nell’università italiana si rischia”.

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