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Un sorso di Pepsi ci infetterà: quando la psicosi supera la fantasia

Su Internet e via sms dai primi giorni di luglio gira la notizia che la produzione di Pepsi Cola sarebbe stata contaminata da iniezioni di sangue infetto da AIDS. Si tratta di una vera e propria bufala che, però, ha messo in luce la dilagante disinformazione sull’HIV.
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"Qualcuno che lavora presso gli stabilimenti della Pepsi ha contaminato la bevanda iniettandoci sangue affetto da HIV". Sarebbe pressapoco questo il messaggio che circola su internet e attraverso sms dai primi giorni di luglio. Un messaggio che ha scatenato la preoccupazione dei male informati, ansiosi di ricevere conferme via web circa la veridicità o meno dell'informazione. Come spesso succede, le psicosi alimentari risultano infondate o estremamente "gonfiate" e il sito Snopes.com ha prontamente fatto sapere che si trattava di una catena di Sant'Antonio tanto allarmista quanto falsa, dal momento che nessuna fonte autorevole ha riportato la contaminazione con HIV avvenuta attraverso la cola di Pepsi.

Non solo, anche il Centre for Desease Control ha, inoltre, negato che al centro non era stato notificato alcun incidente dovuto a cibi o bevande contaminate con sperma o sangue, precisando tuttavia che le modalità di trasmissione dell'HIV non contemplano il cibo o i liquidi esterni al corpo umano. Insomma una bufala coi fiocchi che sicuramente non sarà di certo piaciuta alla Pepsi, costretta a dover gestire una comunicazione di crisi per nulla riconducibile ad un errore dell'azienda.

Ad ogni modo, il tam tam creatosi sulla rete e via cellulare ha generato un certo allarmismo che ha sollevato un'importante questione, quella relativa all'informazione sull'HIV. In particolare sarebbe bene andare a fondo, cercando di capire se la maggioranza delle persone è completamente disinformata oppure se, in casi come questo, l'impatto della notizia è così forte da resettare i già deboli riferimenti in nostro possesso riguardo a una patologia.

I consumatori allarmati dall'impatto della notizia, infatti, non sembrano aver perso in considerazione l'evidenza che l'HIV non sopravvive a lungo fuori dai suoi "liquidi conduttori", ovverosia il sangue umano, lo sperma, il latte materno, la saliva e le lacrime. Ciononostante, il dato che l'HIV vive nei liquidi non è una condizione sufficiente a determinare il contagio; in altre parole non è detto che venendo in contatto con i liquidi sopracitati ci si becchi l'AIDS. Insomma, a  30 anni della scoperta del virus, non si può far altro che constatare che è ancora tanta la strada da fare in tema di sensibilizzazione e informazione.

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