Un Paese fragile con i giovani sempre più colpiti dalla crisi: la fotografia del Rapporto Censis
Una fotografia con tinte sempre più scure. Più o meno così appare la nostra Italia dopo l’ultimo rapporto dell’Ocse che delinea una situazione economica sempre più disastrosa e alla luce del 45esimo Rapporto Censis, presentato oggi a Roma. E questo non può che rattristare un Paese che ogni giorno si ritrova a leggere dei numerosi problemi della nostra società. Il Censis dice che siamo “fragili”, siamo “isolati”, siamo “in affanno”, siamo “eterodiretti”. Praticamente non possiamo più definirci una “potenza” al pari delle altre in Europa e, soprattutto, gli “Stati amici” sono quelli che adesso si trovano ad avere voce in capitolo nelle nostre scelte economiche e politiche. Non siamo più dentro le dinamiche dei grandi processi internazionali e siamo costretti a recepire il “dettato” dell’agenda da parte degli uffici europei.
A tutto questo chiaramente ci si è arrivati per un motivo, anzi almeno tre secondo il Censis: il primo, estremamente (e tristemente) attuale si chiama debito pubblico. Un enorme debito pubblico che non ci permette, oggi, autonomia di sistema. La colpa passa anche dalla classe politica che si è fatta trovare impreparata a “un attacco speculativo che vedeva nella finanza pubblica italiana l’anello debole dell’incompiuto sistema europeo”, ed infine ha contato tanto anche la “confusione” e l’”impotenza” che il Governo ha dimostrato quando si parlava di economia.
Se prima dunque avevamo delle “carte” (insieme ad una buona reputazione internazionale) per affrontare determinati problemi, ora niente sembra più “funzionare” (e sembrano accorgersene anche all’estero). Inoltre il Censis ci sottolinea il fatto che oggi la collettività tutta si ritrova ad esprimersi “con concetti e termini che nulla hanno a che fare con le preoccupazioni della vita collettiva e alla fine ci associamo, ma da prigionieri, alle culture e agli interessi che guidano quei concetti e quei termini”. Il Rapporto del Censis però prova anche a dare delle speranze e delle soluzioni a tutto questo: perché “sarà faticoso” ma è necessario tornare ad un’"economia reale e a una cultura che metta al centro la correttezza e l’onestà”.
La crisi della società tocca in particolar modo i giovani
Non solo non c’è lavoro, non solo i vari tagli creano reale disagio e non contribuiscono a creare un’eccellenza nel Paese ma prevale anche un forte sentimento di scoramento che si abbatte soprattutto sulla classe dei giovani. Questi stessi giovani che, tra l’altro, sono quelli che risentono maggiormente della crisi e del debito pubblico accumulato.
Scrive il Censis che “investita dalla crisi, ma non esente da responsabilità proprie, la generazione degli under 30 sembra incapace di trovare dentro di sé la forza di reagire”. Alcuni giovani non trovano lavoro, altri non lo cercano neanche e molti altri ancora non sembrano voler investire nemmeno più (perché forse non ci credono più?) nella formazione. Il risultato di questa sconfortante situazione dice che, rispetto alla media europea, in Italia sono molti di più i ragazzi che né studiano né lavorano. Ed è un atteggiamento che chiaramente non può portare a nulla di positivo e contro il quale tutti dovremmo mobilitarci accettando, perché no, i “consigli” e i “suggerimenti” offerti da chi riesce ad analizzare in maniera lucida i cambiamenti di una nostra società che si mostra in continuo movimento. Perché se chiediamo a chi ci governa la preparazione, l’onesta e la consapevolezza allora dobbiamo essere anche noi stessi quelli pronti a sacrificarsi per l’interesse di tutti (e il 57,3% degli italiani si dice pronto a farlo). Ritrovare dunque prima di tutto la fiducia in noi stessi. Perché è illusorio pensare che i poteri finanziari disegnino uno sviluppo che invece “si fa con energie, mobilitazioni, convergenze collettive”.