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“Un giorno mi ha massacrata di botte dalle 10 di sera alle 7 di mattina: ecco come mi sono salvata”

Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, 105esima donna uccisa nel 2023, Fanpage.it apre uno spazio per le lettrici e i lettori per condividere le loro testimonianze. Se sei vittima di stalking o violenza chiama il numero 1522 – gratuito e attivo 24h su 24h.
A cura di Redazione
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Giulia Cecchettin è la 105esima donna uccisa nel 2023. La 82esima in ambito familiare. Un dramma in seguito al quale la famiglia di Giulia, col papà Gino e la sorella Elena, hanno chiesto di “far nascere qualcosa perché non accada più”, di “fare rumore” e di denunciare, sempre. Se avete voglia di condividere le vostre testimonianze, Fanpage.it è aperto a voi. Scriveteci a segnalazioni@fanpage.it o cliccando qui. Se sei vittima di stalking o violenza chiama il numero 1522 – gratuito e attivo 24h su 24h. Pubblichiamo di seguito una testimonianza arrivata alla nostra redazione.

La lettera a Fanpage.it

Voglio dare voce a ogni donna che subisce violenza psicologica, fisica o sessuale. Voglio parlare di quello che mi è successo e dare coraggio a ogni ragazza che non ce la fa. In estate ho conosciuto un ragazzo che sembrava gentile, premuroso, rispettoso. Mi disse che non avrebbe mai voluto una relazione tossica, ma sana, senza problemi. Io mi fidai.

A fine settembre mi ha chiesto di trasferirci all'estero: mi sono fidata e sono andata con lui. Dopo pochi giorni ha iniziato a essere possessivo, mi disse: “Quando parli con il datore di lavoro non devi guardarlo negli occhi”. Mi ha fatto allontanare dai miei amici, diceva che “la donna parla con la donna e non con gli uomini”. Questo è stato il primo allarme.

Poi un giorno mi ha massacrata di botte dalle 10 di sera fino alle 7 di mattina: mi sequestrò, fortunatamente riuscii a chiamare il mio migliore amico mentre lui era uscito di casa per qualche minuto. Il mio amico mi vide piena di lividi e io gli dissi che volevo andare via, che volevo tornare in Italia, che avevo paura ma non avevo soldi per scappare da lui.

Poi lui tornò, io chiusi subito la telefonata ma mi controllò il cellulare: perse la testa nel vedere che avevo parlato con il mio amico. Disse che ero una p***, che gli facevo schifo, poi ancora schiaffi e ruppe il telefono saltandoci sopra.

Tentò di strozzarmi, poi prese anche un coltello: pensai che per salvarmi dovevo dire che lo amavo, che non l’avrei mai lasciato, e infatti lui si calmò.

Ha poi deciso di scappare, passavamo le notti in hotel diversi, io non sapevo mai la destinazione, uscivamo di notte così nessuno vedeva le mie condizioni.

Fortunatamente, dopo del tempo e grazie anche al mio amico che si era messo in contatto con la mia famiglia, mio padre partì dall'Italia e venne da me. Lui non voleva, ma lo convinsi con una scusa, così mi costrinse a truccarmi per nascondere i lividi.

Con l'aiuto dei miei cari sono riuscita a tornare in Italia e l'ho denunciato. Troppe donne rimangono in silenzio e questa cosa non va bene: dobbiamo chiedere aiuto, dobbiamo denunciare. Ora sto facendo un percorso con uno psicologo e vado al centro antiviolenza. Presto ci sarà il processo.

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