Un 18enne italiano può avere 12 fucili semi automatici: non solo gli USA hanno problemi con le armi
Payton S. Gendron, un ragazzo statunitense di 18 anni, sabato mattina è uscito dalla sua casa di Conklin (stato di New York) con un fucile semi-automatico Ar-15 in mano e nella testa l'intento di commettere una strage: ha percorso oltre 300 chilometri prima di arrivare a Buffalo e iniziare a sparare nel parcheggio del supermercato Tops, prendendo di mira in particolare afroamericani. La mattanza, durata una manciata di minuti, ha causato la morte di 10 persone e il ferimento di altre 3. L’attacco era stato premeditato: il giovane, infatti, lo ha trasmesso in streaming su una popolare piattaforma video pubblicando anche un testo pieno di stereotipi razzisti contro i neri. Quella di sabato a Buffalo è stata la strage col numero più alto di morti dall’inizio dell’anno negli Stati Uniti. Secondo il New York Times quanto avvenuto può essere paragonato ad altre carneficine motivate dal razzismo, fra cui l’uccisione di 9 afroamericani nella chiesa di Charleston, in South Carolina, nel 2015, o l’attacco al Walmart di El Paso, in Texas, nel 2019, in cui più di venti persone vennero uccise da un uomo che disse di avere come obiettivo le persone di origine ispanica. L'ennesima strage potrebbe rappresentare, negli Stati Uniti, l'occasione per riflettere sulla facilità di accesso alle armi da fuoco, ma impone anche in Italia qualche domanda. Nel nostro Paese, infatti, sono in circolazione milioni di armi da fuoco non solo per la caccia. Senza troppe difficoltà si possono acquistare armi semi automatiche identiche a quelle impiegate negli USA. Ma con quali rischi? E come vengono impiegate queste armi? Fanpage.it ne ha parlato con Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere Opal.
Il suprematista che ha compiuto la strage di Buffalo ha utilizzato un AR-15, definito dalla National Rifle Association il "fucile più popolare in America". Perché questo successo?
Si tratta di un fucile semiautomatico pensato per il mercato civile, ma derivato dal fucile d'assalto di tipo militare M16. È l'arma impiegata nella maggior parte delle stragi americane e secondo la National Rifle Association, potente lobby bellica USA, la sua popolarità è cresciuta perché è estremamente potente, adattabile, affidabile e preciso. L'Ar-15 può essere impiegato nel tiro sportivo, nella caccia e anche nella difesa personale, e può contare su una serie di "optional" molto ampia. Negli Stati Uniti è ormai uno "status symbol", un oggetto di moda tra i possessori di armi da fuoco.
Questo fucile è in vendita solo negli USA, o si può acquistare anche in Italia?
Certamente. Fucili semiautomatici come l'Ar-15 sono venduti anche nel nostro Paese dove sono annoverati come armi per il tiro sportivo. Ma possono acquistarli non solo coloro che effettivamente praticano discipline di tiri sportivo e sono regolarmente iscritti ad una associazione nazionale di tiratori sportivi, bensì chiunque sia in possesso di una licenza di "tiro al volo", per la caccia o di un semplice nulla osta per detenere armi.
Ci sono così tanti iscritti ai poligoni nel nostro Paese?
No, ed è qui il problema. Ogni anno la polizia pubblica una scarna tabellina col numero di licenze in vigore per le varie tipologie di porto d'armi. Nel 2021 quelle per "uso tiro a volo" sono state quasi 544mila, mentre i soggetti iscritti a federazioni sportive sono all'incirca 100mila, numero che potremmo raddoppiare calcolando anche coloro che si esercitano nei poligoni privati. Conti alla mano, quindi, vi sono circa 350mila persone che detengono armi in casa, ma non per praticare discipline sportive. La legge prevede che tutte le armi vengano denunciate alla questura entro 72 ore dall'acquisto, ma nulla vieta che una persona possa avere in casa fino a 3 pistole con caricatori fino a venti colpi, 12 fucili semi automatici (tipo Ar-15) con un numero illimitato di caricatori con capacità fino a dieci colpi e un numero illimitato di fucili da caccia. Come se non bastasse si possono detenere 200 munizioni per armi da difesa o sportive e 1.500 cartucce da caccia o 5 chili di polvere da sparo. Dobbiamo tutto ciò soprattutto a una legge emanata nel 2018 da Lega e Movimento 5 Stelle, che con la scusa della "difesa personale" hanno raddoppiato da sei a dodici il numero di “armi sportive” detenibili ed anche la capacità dei caricatori, da cinque a dieci colpi.
L'accesso a queste armi è consentito a tutti?
Le maglie sono molto larghe. Dal compimento del diciottesimo anno d'età per acquistare un'arma da fuoco è sufficiente produrre il certificato anamnestico, di fatto un’autocertificazione controfirmata dal proprio medico di base, dove si attesta di non soffrire di turbe psichiche, di non fare uso droghe o sostanze psicotrope e abuso di alcol e il certificato per l’idoneità psico-fisica che si ottiene dall'ASL dopo una visita solitamente simile a quella per ottenere la patente di guida. Occorre poi un certificato di idoneità al maneggio delle armi che si ottiene superando un corso di mezza giornata presso il Tiro a Segno provinciale in cui vengono spiegate le regole per usare un'arma ed è richiesto di effettuare una prova pratica sparando con arma corta e lunga a un bersaglio. Con questo certificato ci si reca poi in questura dove si compila il modulo di domanda a cui vanno accluse due marche da bollo di 16 euro. A meno che non si abbiano precedenti penali, entro 90 giorni si riceve licenza.
Insomma: anche in Italia acquistare un fucile semi automatico o una pistola sembra un gioco da ragazzi.
Lo è. Prendiamo l'autore della sparatoria di Macerata, Luca Traini: dal momento in cui ha ottenuto il certificato anamnestico dal suo medico a quando ha ricevuto la licenza dalla questura ha dovuto attendere solo 18 giorni. Per legge non sono richiesti esami tossicologici, né psicologici o psichiatrici, né per ottenere una licenza né per rinnovarla ogni cinque anni.
Torniamo ai numeri: 544mila licenze per "tiro a volo" rilasciate nel 2021, 200mila iscritti nei poligoni di tiro. Dove sono le altre quasi 350mila armi da fuoco? E soprattutto, a cosa servono?
È la domanda che ci facciamo continuamente. Partiamo da un presupposto: le licenze per il possesso di armi da caccia sono in netto calo da decenni e sono passate dalle circa 2milioni degli anni '90 alle circa 630mila di oggi. Ci chiediamo, quindi, perché vengano rilasciate così tante licenze a persone che non vanno fanno alcuna attività venatoria né frequentano poligoni di tiro. Nel nostro Paese ci sono centinaia di migliaia di persone che detengono armi da fuoco, milioni di pistole, fucili e caricatori nelle case degli italiani. È un enorme favore alla lobby dell'industria delle armi, ma anche un grande rischio.
Quale?
Proviamo a mettere insieme centinaia di migliaia di possessori che detengono legalmente qualche milione di armi da fuoco con le attività pratiche militari cosiddette ludiche come il softair, che di fatto permettono di esercitarsi ai combattimenti sia in ambienti rurali che in scenari simili a quelli urbani. E pensiamo che queste stesse persone possono esercitarsi anche con armi reali come ad esempio per il tiro dinamico. Nessuno vede il rischio, potenzialmente enorme, che malintenzionati possano formare gruppi armati? Siamo sicuri che uno scenario del genere non possa verificarsi? E che tipo di verifiche vengono fatte su queste persone?
Lei vede il rischio che anche in Italia possa in futuro esplodere la violenza a causa della circolazione di armi da fuoco?
Il pericolo è che anche da noi suprematisti e neonazisti possano approfittarne. Sono in circolazione milioni di pistole e fucili, i controlli sono minimi e come abbiamo visto solo una parte dei possessori di licenze sportive frequenta poligoni di tiro. Tutti gli altri, invece, hanno armi in casa apparentemente senza utilizzarle. Ma quante di queste si stanno organizzando o potrebbero organizzarsi? E soprattutto, qual è la reale motivazione che li porta a detenere un così elevato numero di armi? La passione sportiva o altro?