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Umiliata dalla madre e costretta in ginocchio sui ceci per un brutto voto: “Diceva che non valevo niente”

Picchiata e umiliata dalla madre per 14 anni della sua vita prima di essere cacciata di casa: l’ex insegnante l’ha aiutata a denunciare le angherie subite fino al 2021, quando ha dovuto abbandonare la casa familiare. La giovane, residente a Torino, ha raccontato in aula anni di violenze e umiliazioni.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Maltrattata per 14 anni dalla madre, poi cacciata di casa e costretta a vivere per un periodo dal fidanzato e poi dall'ex insegnante di scuola. A 20 anni ha deciso di denunciare finalmente il genitore, raccontando alle autorità le angherie che per lungo tempo aveva subito.

Il coraggio di parlarne con le autorità è arrivato solo dopo l'ultimo atto, quando la giovane residente a Torino è stata cacciata di casa dalla madre. "Con me hai chiuso. Ti do un minuto per fare una chiamata e chiedere a qualcuno di aiutarti" le avrebbe detto prima di chiuderle la porta in faccia.

La giovane ha chiamato le uniche due persone che avrebbero potuto darle una mano: il fidanzato e l'ex insegnante che le ha poi dato un tetto sopra la testa. Era il gennaio del 2021 e la ragazza all'epoca aveva 20 anni. L'insegnante l'ha convinta a rivolgersi alle forze dell'ordine, alle quali ha parlato dei maltrattamenti subiti per 14 anni: umiliazioni e botte, con punizioni terribili anche per un brutto voto.

"Non voglio che mia madre vada in galera – ha ripetuto nonostante tutto la 20enne -. Vorrei solo vivere tranquilla". Questo pensiero è stato ribadito anche in aula durante la recente udienza. La giovane ha raccontato di botte, insulti e punizioni corporali subite fin dalla tenera infanzia, quando era costretta a rimanere per ore in ginocchio sui ceci.

"Dovevo prendere sempre il massimo dei voti, altrimenti venivo punita. Frequentavo le elementari all'epoca. Ricordo che rimanevo nell'ingresso di casa in ginocchio su un giornale cosparso di riso, ceci o gusci di noci. Mi lasciava lì fino a quando non ce la facevo più e i segni rimanevano per giorni. Io non li mostravo a nessuno, per paura di mettere nei guai mia mamma".

"Quando sono diventata grande diceva che non mi poteva più picchiare perché i segni si sarebbero visti. Mi ripeteva che non valevo niente, che ero una schifezza di figlia e che avrebbe fatto meglio a non mettermi al mondo. Per me era tutto normale. Solo crescendo e confrontandomi con gli altri ho capito che i metodi di mia madre erano del tutto errati".

Alla ragazza era vietato uscire con le amiche e ospitarle a casa propria. "Avevo invitato una compagna a casa e quando mia madre l'ha scoperto, ha voluto la password del tablet per leggere il mio diario segreto. Io impaurita gliel'ho data, lei mi prese la testa e me la sbattè sul tablet, spaccando il vetro".

I rapporti sono ulteriormente degenerati nel 2020, quando la giovane ha iniziato a lavorare come cameriera. "Per lei fu un insulto, era come se le avessi detto che non era in grado di mantenermi. Decise che dovevo pagare metà dell'affitto e che potevo mangiare solo ciò che compravo".

Nel 2021 poi la ragazza è stata cacciata di casa, ma non prima di aver firmato un manoscritto nel quale si impegnava a non chiedere il mantenimento e a non "diffamarla" con amici e parenti. Nel corso del processo la donna, oggi 43enne, ha provato a screditare la figlia, ma senza successo: i giudici, ritenendo credibili le accuse della ragazza, l'hanno condannata a due anni di reclusione e la pena è stata confermata nei giorni scorsi in appello. Nella sentenza, hanno scritto che l'imputata ha "cercato di mettere in cattiva luce" la vittima, adducendo pretesti "non idonei a giustificare la sua condotta".

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