Ucronia, se il 25 aprile 1945 non fosse mai esistito
Non di rado la fantastoria si è ritrovata a confrontarsi con gli scenari relativi al secondo conflitto mondiale, in quanto evento relativamente recente, senza dubbio traumatico e che ha ridisegnato le sorti dei Paesi di tutto il mondo: un esempio su tutti, lo scrittore Philip Dick autore del celebre La svastica sul Sole in cui la Germania nazista, dopo aver sconfitto le truppe alleate, si spartisce il destino degli Stati con il suo alleato Giappone. Un genere letterario, noto anche come ucronìa, che in Italia ha spesso preso in analisi il contesto del fascismo e le influenze che il ventennio ha avuto sulla nostra storia contemporanea, traendo spunti per immaginare la storia alternativa di una nazione mai entrata in guerra o di un'Italia ancora guidata dal duce e dai suoi, sopravvissuti alla guerra che li spazzò via. Attorno a quei momenti cruciali che hanno segnato una svolta significativa nel corso degli eventi, la fantasia spesso ricama possibili realtà parallele originate tutte da una domanda impossibile: e se le cose fossero andate diversamente? Partendo dalle condizioni del tempo, proviamo dunque, con il beneficio e la clemenza offerti dall'inventiva, a tratteggiare i caratteri di un Paese in cui il 25 aprile non segnerebbe l'anniversario della Liberazione e la Resistenza sarebbe stata soffocata nel 1945: insomma di un'Italia divisa in due blocchi, di cui uno ancora nazifascista. Da un lato la Repubblica Sociale Italiana con a capo Benito Mussolini, dall'altro gli Alleati sempre più forti ed autorevoli sui territori meridionali; nel mezzo la Linea Gotica.
La Repubblica di Salò era, di fatto, uno stato-fantoccio della Germania nazista, esattamente come la Repubblica di Vichy in Francia. Con la caduta del nazismo, Benito Mussolini non avrebbe più avuto la protezione militare, prima che politica, per mantenere il controllo sul territorio. Ma nell’ipotesi in cui le forze della Resistenza fossero state messe a tacere dai nazifascisti, e gli Alleati avessero preferito non rompere lo status quo lungo la Linea Gotica, chi avrebbe liberato l’Italia il 25 aprile 1945? La priorità degli americani restava quella di mettere fine al regime nazista, e in buona parte ritenevano finito il lavoro con l’Italia dopo la conquista di Roma. Non a caso, come è noto, la risalita della penisola da parte delle forze degli Alleati fu estremamente lenta. Conquistata Berlino e imposta la pace in Giappone, la Repubblica di Salò si sarebbe trasformata nell’ultimo dei problemi. Nel nuovo scenario che si apriva, era l’Unione sovietica, non più il fascismo, il nemico da combattere. Ed è allora probabile che gli Alleati decidessero di tollerare il governo fascista nel Nord Italia, una volta pretesa la sua neutralità, alla stregua dei governi fascisti di Spagna e Portogallo e del successivo governo dei colonnelli in Grecia.
Del resto, la Repubblica Sociale non avrebbe avuto un gran peso politico nel quadro internazionale: anzi, probabilmente, non ne avrebbe avuto affatto. Privata del controllo di mezza Italia e delle colonie, tagliata fuori dall’Europa continentale, avrebbe sì goduto delle grandi risorse del Nord, ma non avrebbe potuto sfruttarle appieno senza gli aiuti del piano Marshall. Come conseguenza, il Nord sarebbe rimasto sottosviluppato, incapace di avviare una nuova fase di crescita, sottoposto a un regime fortemente autoritario, militarizzato nei confronti della costante minaccia interna della Resistenza e della minaccia esterna rappresentata dalle forze americane schierate a Sud.
Ma questa Repubblica Sociale sarebbe sopravvissuta a Mussolini? Così come in Spagna e Portogallo, probabilmente il regime fascista non sarebbe sopravvissuto alla morte del suo leader. La RSI, del resto, era stata amputata dalla defezione di numerosi gerarchi che, il 25 luglio, avevano abbandonato il duce. Le uniche personalità di rilievo che avrebbero potuto ereditare il governo del regime fascista sarebbero stati Alessandro Pavolini, segretario del Partito fascista repubblicano, e Rodolfo Graziani, ex viceré d’Etiopia e a capo del ministero della guerra nella RSI. Probabilmente, il regime fascista, sopravvissuto al 25 aprile, non sarebbe durato oltre la fase di democratizzazione degli anni ’70 che portò alla caduta degli ultimi fascismi mediterranei. Allora, forse, sarebbe iniziata una difficile fase di riunificazione nazionale, un po' come nella Germania post 1989.
Differente la situazione politico-sociale del Sud: la Linea Gotica sarebbe probabilmente diventata il nuovo “muro di Berlino”, dividendo il paese tra Nord e Sud, Stati diversi, con realtà diverse e storie lontane. In Italia meridionale, almeno per una prima fase, con ottime probabilità sarebbe rimasta in piedi la monarchia, protetta dagli Alleati, radicatisi sul territorio centro-meridionale in un’occupazione orientata a difendere il governo dalla minaccia della RSI e a fare dell’Italia meridionale un importante baluardo dell’Occidente nel corso della Guerra fredda. Difficilmente la capitale sarebbe tornata a essere Roma, per la sua eccessiva vicinanza alla linea di confine e per la distanza dal mare, da cui invece gli Alleati potevano garantire la difesa del territorio nazionale. La scelta, forse, sarebbe ricaduta su Brindisi, dove la corte dei Savoia si era ritirata dopo l’8 settembre, o su Salerno, dove il governo si trasferì in seguito nel 1944, o ancora su Napoli, che restava la principale città dopo Roma.
Il Regno del Sud sarebbe stato un governo debole, a stento avviato verso una lenta ricostruzione grazie agli aiuti del piano Marshall, praticamente un protettorato degli Stati Uniti. Senza le risorse del Nord, difficilmente il paese avrebbe goduto del miracolo economico degli anni ’60, restando tra le aree più sottosviluppate d’Europa. Il governo monarchico sarebbe stato guidato dalla Democrazia cristiana, mentre il Partito Comunista difficilmente avrebbe avuto margini di manovra, stante l’occupazione americana, e verosimilmente sarebbe stato messo al bando. L’Italia sarebbe divenuta una nazione divisa e lontana da qualsiasi speranza di vera democratizzazione: quell'Unità tanto sofferta sarebbe stata vanificata e, per sempre spezzato in due tronconi, il Paese cresciuto grazie anche alla propria coesione e alle alleanze sorte sulle ceneri del dopo-conflitto, avrebbe conosciuto una sorte controversa e difficile. I movimenti che hanno cementato la nostra unione, primo tra tutti il '68, avrebbero avuto certamente un significato diverso. O forse no, perché in fondo è solo una fantastoria: ma a noi piace pensare che, senza quel 25 aprile che oggi celebriamo, senza il sacrificio di chi ha creduto in un Paese unito sotto la bandiera della libertà, il nostro destino sarebbe stato di gran lunga più amaro.
A cura di Roberto Paura