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Guerra in Ucraina

Perché la guerra in Ucraina potrebbe farci rimanere senza pane e dolci

Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare, spiega quali sono le conseguenze della guerra per le importazioni di cereali: nei prossimi mesi rischiano di scarseggiare grano tenero e olio di semi di girasole.
Intervista a Dott. Ivano Vacondio
Imprenditore e Presidente di Federalimentare.
A cura di Davide Falcioni
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Entrate in un panificio e chiedete al vostro fornaio di fiducia quali sono le conseguenze della guerra in Ucraina per il suo lavoro: 9 volte su 10 vi troverete davanti a un uomo o una donna molto preoccupati non solo per le conseguenze umanitarie del conflitto, per i morti, i profughi, il rischio di escalation, gli attacchi alle centrali nucleari e la distruzione di importanti città. No, per chi lavora nel comparto della produzione di cibo è in corso quella che, con una semplificazione, potremmo definire "guerra del grano": all’inizio del Novecento infatti l’Ucraina era soprannominata "il granaio d’Europa" perché nelle sue immense distese si coltivavano molti cereali. Ancora oggi il paese è uno dei maggiori esportatori al mondo, almeno secondo gli ultimi dati disponibili: il quinto, dopo Russia, Stati Uniti, Canada e Francia. La guerra sta cambiando tutto e, come una valanga, sta travolgendo anche la produzione e l'approvvigionamento di grano, mais, girasoli e orzo, materia prime indispensabili per fare pane, pasta, dolci e mangimi per gli animali. "I contadini hanno parcheggiato i trattori e imbracciato i fucili", spiega a Fanpage.it Ivano Vacondio, 69 anni, imprenditore a capo di Molini Industriali di Modena, azienda leader nella produzione di farine, e Presidente di Federalimentare.

Quanti cereali acquistavamo dall’Ucraina? E che succede ora?
Inutile negarlo, la situazione è molto critica: l'Ucraina era il nostro primo fornitore di girasoli, un prodotto indispensabile soprattutto per l'industria dolciaria. Con la guerra, però, gli agricoltori sono costretti a saltare la fase della semina, che si sarebbe dovuta svolgere proprio in queste settimane, con le conseguenze del caso anche per i prossimi raccolti di tutti cereali. Da tempo, comunque, l'approvvigionamento di grano, girasoli, mais, orzo dai Paesi che hanno porti sul Mar Nero – Russia e Ucraina – era molto complicato, perché da lì le navi non possono salpare e consegnare nei porti italiani, soprattutto quelli del sud. Gli effetti negativi ricadranno sul 70% delle industrie italiane che si occupano della produzione di cibo. In questo quadro mancava il blocco delle esportazioni imposto da Orban…

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Cosa c'entra Orban, adesso?
Venerdì scorso il presidente ungherese ha varato un decreto che vieta le esportazioni di cereali come misura cautelativa per via delle conseguenze degli scontri e anche dell’aumento dei prezzi. Da quel Paese noi importavamo 3.800.000 tonnellate di cereali, di cui 1.200.000 di grano, 1.800.000 di mais 300.000 di orzo e il resto girasoli, sorgo e altro. Una decisione simile è stata presa dalla Serbia. I leader di questi Paesi sostengono di dover trattenere le materie prime per far fronte all'ondata di profughi, ma si tratta chiaramente di una sciocchezza. Speriamo che ora intervenga l'Europa e si faccia sentire, o saremo in guai seri.

Quindi oltre ai cereali russi e ucraini mancheranno anche quelli ungheresi e serbi…
Esatto: niente cereali via mare dai Paesi in guerra, niente cereali via terra da Ungheria e Serbia. Nel settore zootecnico – quello, per intenderci, dell'allevamento – le scorte di mangime sono molto limitate e non superiori al mese; dopo, se mancherà cibo per gli animali, si dovrà procedere al loro abbattimento anticipato. Grave anche la situazione per la filiera del pane: i produttori non stanno ricevendo neppure il grano già contrattualizzato e pagato, le scorte dureranno poco più di un mese, poi saremo nei guai. Il discorso per la pasta è diverso, per fortuna, perché il grano duro viene coltivato soprattutto in Italia e – per circa il 30% – importato dal Canada.

Ci sono mercati alternativi?
Per fortuna sì: c'è la Romania, ma non basta. Ci sono gli Stati Uniti, ma con loro il problema si complica perché per organizzare navi cariche di cereali dall'America servono almeno due mesi. Infine c'è la Francia, grande esportatore ma quest'anno con un problema di qualità a causa delle piogge. Per quanto invece riguarda il grano duro le difficoltà perdurano da mesi e dipendono soprattutto dai fenomeni climatici che ha messo in ginocchio le coltivazioni in Canada.

L'Italia importava cereali anche dalla Russia?
Sì, circa il 10% dei cereali venivano importati anche da quel Paese che era molto importante soprattutto per le aziende del sud Italia, quelle che ricevevano la materia prima prevalentemente via nave. Non possiamo nascondere che le sanzioni imposte a Mosca peggiorano ulteriormente la situazione.

Rischiamo aumento del costo dei prodotti a base di cereali?
Impossibile fornire una stima esatta, ma sicuramente gli aumenti ci saranno, saranno a doppia cifra e ricadranno anche sui consumatori.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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