Ucciso padre Fausto Tentorio dopo 30 anni di missione nelle Filippine
Dopo un tentativo di omicidio a cui era sfuggito nel 2003, è stato ucciso all'età di 59 anni Fausto Tentori, padre missionario nelle Filippine. Padre Pops, così come veniva chiamato dalla popolazione locale, era nato a Santa Maria di Rovagnate in provincia di Lecco ed era arrivato nelle Filippine nel 1978. Dal 1980 era stato trasferito nella diocesi di Kidapawan per amministrare la missione in una parrocchia in una zona in cui abitavano indigeni e musulmani. Già vittima di un attentato fallito nel 2003, il missionario Fausto Tentori è stato ucciso da un sicario subito dopo la celebrazione della messa nella parrocchia nel villaggio Arakan, nell'isola di Mindanao nelle Filippine.
Padre Fausto Tentorio era in procinto di partire in direzione di Kidapawan City per incontrare altri religiosi ma è stato avvicinato da un uomo che lo ha freddato con tre colpi, alla testa alla schiena e al fianco. Il missionario del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) è stato portato in ospedale proprio dai suoi fedeli, ma il disperato tentativo di salvarlo è stato inutile ed è morto poco dopo in ospedale. Gli stessi suoi fedeli non hanno potuto testimoniare per il riconoscimento del sicario visto che quest'ultimo indossava un casco integrale ed è subito fuggito in motocicletta.
Fausto Tentorio è il terzo prete missionario ucciso nell'isola di Mindanao
Nessuno sa spiegarsi il perché di questo omicidio: padre Fausto Tentorio era fortemente legato alle dinamiche interne del suo villaggio e spesso lasciava delle testimonianze online della sua missione e delle sue impressioni. Già prima del primo tentativo di omicidio nel 2003 raccontava la situazione nel suo villaggio a seguito della Guerra in Iraq:
Subito dopo la fine (?) della guerra in Iraq, i conflitti tra ribelli musulmani e forze governative, si sono intensificati. Un conflitto scoppiato nella nostra provincia che sta causando centinaia di morti tra forze governative, ribelli e civili, e migliaia di evacuati (circa 80.000). La nostra missione è stata coinvolta in parte ma l'effetto c'é stato e la paura rimane. Settimana scorsa sono andato a visitare un villaggio tribale in montagna al limite della foresta e durante l'incontro si sentivano chiaramente in lontananza (20 Km) i colpi di cannone. Durante tutto il periodo dell'incontro (2 ore) ne abbiamo contati 58! Chissà quando avremo la pace!
[…] Diventa normale sentir dire: «ma sì, un morto in più o uno in meno tanto cosa cambia» o «fa niente se mi uccidono, l'importante è che riesca anch'io a uccidere prima di essere ucciso», e così via. Tutti desideriamo la pace – penso anche a quelli che fanno la guerra – ma come ottenerla? Questo è il problema, questa è la nostra sfida.
Padre Tentorio è il terzo missionario del Pime ucciso a Mindanao. Nel 1985 Padre Tullio Favalli fu ucciso da un gruppo paramilitare nella stessa zona di Kidapawan; mentre padre Salvador Carzedda, impegnato nel dialogo con i musulmani, fu ucciso nel 1992 da due uomini a Zamboanga. Altri due missionari furono rapiti e successivamente liberati a Mindanao: padre Luciano Benedetti nel 1998 e padre Giancarlo Bossi nel 2007, rapito da un gruppo aderente al Moro Islamic Liberation Front, rilasciato due mesi dopo.
La missione di padre Fausto Tentorio resterà nel ricordo dei suoi fedeli ad Arakan e nelle sue lettere su sito web del PIME, come questa in cui racconta della condizione dei bambini nelle Filippine:
E poi ci sono i bimbi ed i ragazzi, che delle Filippine rappresentano il cinquanta per cento della popolazione. In Arakan ci sono bambini dappertutto […] L’immagine di una bambina che avrà avuto sette, massimo otto anni, nel mezzo del traffico di Davao che attraversa una strada a 4 corsie con in spalla quella che, probabilmente, è la sua sorellina (un bambolotto di due o tre anni), racconta meglio di mille parole il grado di responsabilità e di maturità di questi ragazzi. […] Per quattro giorni abbiamo vissuto tra le popolazioni tribali (Manobo), effettuando spostamenti nei vari villaggi al seguito di Dino, un ragazzo filippino che lavora nello staff delle adozioni a distanza, che ha visitato diversi asili, valutando il grado di apprendimento dei ragazzi e verificando l’idoneità degli stessi a passare nella scuola elementare.
Ed allora capisci perché molto spesso, quando si parla di adozioni a distanza, si è portati a pensare che questi ragazzi necessitino di chissà cosa; la realtà delle cose è, invece, molto diversa; sono proprio le piccole cose, quelle che per noi italiani sembrano così scontate, che a loro mancano: nelle scuole elementari non si può sostenere l’esame se non si hanno le scarpe, eppure la maggior parte dei bambini (e credo anche degli adulti) le scarpe non le ha; allora lo staff delle adozioni deve girare di villaggio in villaggio, prendendo l’orma del piede dei ragazzi, per comprare loro le scarpe.