Ucciso e sciolto nell’acido dalla mafia: 25 anni dalla morte di Giuseppe Di Matteo
L'11 gennaio 1996, all'età di quindici anni e dopo due anni di prigionia, Giuseppe Di Matteo veniva strangolato su ordine di Giovanni Brusca nel nascondiglio dove era tenuto segregato da 28 mesi. Figlio di Santino, pentito di Cosa Nostra, tra gli attentatori della strage di Capaci, Giuseppe era stato rapito per ricattare il padre e impedirgli di collaborare con la Giustizia.
Giuseppe Di Matteo, 13 anni, venne rapito il pomeriggio del 23 novembre 1993. Erano passati solo diciotto mesi dalla Strage di Capaci e Santino Di Matteo, era uno degli uomini che stavano per fare luce sull'attentato che portò via la vita al giudice Giovanni Falcone a sua moglie Francesca Morvillo e agli uomini della scorta. Giuseppe, che amava cavalcare, era in sella al suo cavallo quando alcuni uomini vestiti da poliziotti lo avvicinarono, col pretesto di portarlo da suo padre, che il piccolo non vedeva da tempo. "Sì, papà, amore mio!" esclamò il ragazzo, ma appena fu nelle mani dei finti poliziotti venne legato mani e piedi e caricato nel bagagliaio di un'auto. Direzione: il rifugio della sua prigionia.
Intanto alla famiglia del piccolo Giuseppe era stato inviato un biglietto: Tappaci la bocca (tappagli la bocca). Il riferimento alla testimonianza di Santino e alle rivelazioni che avrebbe potuto fare ai magistrati inquirenti, è evidente. Insieme al biglietto ci sono due foto di Giuseppe che mostra un giornale datato il giorno della scomparsa. Santino di Matteo decide di non cedere al ricatto e cerca il compromesso. Ma la ‘cupola' che dopo l'arresto di Riina risponde agli ordini di Giovanni Brusca, ordina la linea dura. Foto di Giuseppe con segli di sevizie sul corpo vengono inviate a casa, a riprova del fatto che gli aguzzini non si fermeranno. Mentre le autorità cercano il nascondiglio del rapimento, i sequestratori non fanno che spostarlo. Passano 12 mesi, gli assassini di Giovanni Falcone, tra mandanti ed esecutori, vengono condannati. Tra loro c'è anche Giovanni Brusca, condannato all'ergastolo in contumacia perché latitante.
Cosa nostra ha perso quella partita e decide di vendicarsi. Ormai quindicenne, ridotto all'ombra di se stesso, affamato e deperito, il ragazzo viene strangolato su ordine di Brusca e il suo corpo sciolto in un barile di acido. Il 16 gennaio 2012, la Corte di Assise di Palermo condanna all'ergastolo cinque boss per l'omicidio del piccolo Di Matteo.