Ucciso e mutilato a Genova, ergastolo agli assassini di Mahmoud: li voleva denunciare per sfruttamento
Kamel Abdelwahab, detto Tito, e Abdelwahab Ahmed Gamal Kame, detto Bob, sono stati condannati all’ergastolo per l’omicidio pluriaggravato dalla premeditazione e dai motivi abbietti di Mahmoud Abdalla, il barbiere 19enne ucciso a Sestri Ponente e mutilato nel luglio 2023, prima di essere gettato in mare a Chiavari. I resti della vittima erano stati trovati senza testa e senza mani al largo di Santa Margherita Ligure, in provincia di Genova.
La Corte d'Assise ha emesso la condanna accogliendo le richieste del pubblico ministero. Per i giudici "fu un omicidio premeditato commesso da entrambi". Prima della sentenza, c’è stato spazio per la requisitoria del pm Daniela Pischetola, che ha ricordato come gli imputati abbiano "cambiato più volte versione” nel corso delle indagini, tentando di incolparsi a vicenda.
Mahmoud Abdalla lavorava in una barberia di Sestri Ponente gestita proprio da Bob e Tito, i quali ne gestivano un’altra a Chiavari. Durante le indagini, Tito aveva accusato Bob, pur ammettendo che avevano agito perché il ragazzo voleva denunciarli per sfruttamento lavorativo e per i mancati pagamenti.
I due imputati hanno reso dichiarazioni spontanee. “Sono molto dispiaciuto per i parenti di Mahmoud. Sono in Italia da molti anni e non ho provocato nessun problema”, ha dichiarato Tito. “Sono un ragazzo come Mahmoud e anche la mia vita ora è distrutta. Con lui non ho mai avuto problemi prima di questo incidente”.
“Io non c'entro nulla” – ha sostenuto Bob. – “Ho sempre detto la verità, sono venuto in Italia per lavorare, ho sempre lavorato e lo faccio anche in carcere. Mi dispiace molto per la famiglia di Mahmoud. Non ho mai incontrato in vita mia un criminale come Tito. Lui ha detto a Ali di averlo ucciso per difendersi”.
Mahmoud era stato brutalmente accoltellato, mutilato e poi decapitato; il corpo era stato gettato nel mare del Tigullio. La testa del giovane non è mai stata ritrovata. I due uomini sono attualmente detenuti nelle carceri di La Spezia e di Ivrea.