Uccisi dalla folla solo perché neri: il 15 giugno 1920 il linciaggio di Duluth, Minnesota
Uccisi dalla folla, linciati e umiliati: i loro corpi esposti e fotografati. La loro colpa: quella di essere neri. Il 15 giugno del 1920 negli Stati Uniti d'America va in scena uno dei peggiori episodi di intolleranza razziale del XX secolo. Ancora oggi, una ferita aperta in una comunità come quella di Duluth (Minnesota) che solo pochi anni dopo avrebbe visto la nascita di Robert Allen Zimmerman, conosciuto da tutti come Bob Dylan.
L'arrivo del circo e le accuse
Duluth, Minnesota: una città non lontana dal confine col Canada, dove l'integrazione è resa difficile dall'arrivo di una folta comunità di afroamericani che al termine della Prima Guerra Mondiale si è spostata un po' ovunque, anche negli stati del nord. I rapporti sono tesi: il lavoro è poco, e quel poco che c'è la comunità bianca accusa quella nera di "rubarlo" a loro. Scontri, violenze: la situazione è tesa ed incandescente.
Il 14 giugno 1920, dopo due anni di forti tensioni sociali, sembra una giornata come tante: in città è arrivato il circo, e in molti accorrono a vedere gli spettacoli. Tra questi, James Sullivan e Irene Tusken, 18 anni lui, 19 anni lei, entrambi bianchi: James è un manovale del porto, Irene lavora come dattilografa. I due girano attorno al tendone, mentre gli operai, tutti neri, stanno montando quanto serve per gli spettacoli.
Passa qualche ora, e i due tornano a casa. Raccontano di essere stati picchiati e rapinati, lei addirittura stuprata da 5-6 operai neri del circo. La mattina dopo è il padre di Sullivan a chiamare la polizia e denunciare il tutto. Scatta così un blitz, basato solo su una denuncia, nel circo: gli operai stanno dormendo, vengono svegliati, tirati giù dalle brande e messi al muro. La mattina è quella del 15 giugno 1920: sono 150 i lavoratori neri fermati nel circo, i due ragazzi puntano il dito contro sei di loro: Elias Clayton, Nate Green, Elmer Jackson, Loney Williams, John Thomas e Isaac McGhie. Vengono tutti e sei arrestati per rapina e stupro.
Ma qualcosa non torna: i due ragazzi vengono sentiti dagli inquirenti, qualcosa nei loro racconti non torna. La 19enne, visitata da alcuni medici, non presenta neppure prove dello stupro, né segni fisici su entrambi che possano provare una qualunque colluttazione. Insomma, tra i sei arrestati e le accuse mosse loro ci sono solo le dichiarazioni dei due giovani.
L'escalation e il linciaggio
La notizia non perde tempo a girare: non c'è internet, certo, ma in una comunità come quella già dilaniata dalle faide etniche, la notizia di due giovani bianchi vittime di rapina e stupro da parte di sei neri è la scintilla che in un attimo propaga l'incendio. Si sparge perfino la voce (falsa) che la ragazza fosse morta il giorno prima durante lo stupro. In poche ore, diecimila persone scendono in piazza, raggiungono la prigione di Duluth e ne sfonda i cancelli: è un assalto, vogliono i sei arrestati, vogliono impiccarli in piazza. La polizia non spara: l'ordine è di fermare l'assalto, ma di fronte ad una mole umana di tali dimensioni, alla fine i poliziotti non opporranno resistenza.
Tre dei sei arrestati vengono raggiunti dalla folla: sono Elias Clayton, Elmer Jackson e Isaac McGhie. Vengono trascinati fuori e "condannati" sommariamente per lo stupro di Irene Tusken. I tre, in lacrime, provano a spiegare di non saperne nulla, implorano di essere risparmiati. Tutto inutile: il verdetto popolare della folla non lascia loro scampo. Trascinati tra 1st Street e 2nd Avenue East, vengono selvaggiamente picchiati, spogliati, quindi impiccati ad un lampione. Non basta: la folla vuole l'umiliazione, i cadaveri vengono colpiti anche da morti. Poi è il momento della gogna: arrivano i fotografi, e tutti si mettono in posa, c'è chi spinge per entrare nell'inquadratura, e l'immagine è agghiacciante. Due impiccati, il terzo riverso a terra, tutto intorno c'è la folla felice e soddisfatta per la "giustizia" appena fatta.
Solo il giorno dopo arriverà la Guardia Nazionale: la città viene messa in sicurezza, i prigionieri sopravvissuti portati via, iniziano le indagini per capire cosa fosse davvero avvenuto. Ma non ci saranno ripercussioni: impossibile risalire agli autori materiali del linciaggio. Una trentina i denunciati, ma non ci saranno condanne: solo uno finirà in carcere per "disordini". E ancora oggi, cent'anni dopo, per le morti di Isaac McGhie, Elmer Jackson e Elias Clayton, che oggi riposano nel cimitero di Park Hill a Duluth, non ci sono responsabili. E dello stupro e della rapina subiti dai due giovani, non v'è mai stata traccia. Nel 2003, un memoriale è stato dedicato alle tre vittime del linciaggio: e ancora oggi il Clayton-Jackson-McGhie Memorial è uno dei più visitati della città, in ricordo delle vittime di quella follia ancora oggi impunita.