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Uccise padre violento per difendere la mamma a Collegno, pg: “Va indagato anche il fratello di Alex”

Alex Cotoia (ha preso il cognome della madre) rischia di nuovo la condanna, mentre il fratello Loris potrebbe andare a processo per concorso in omicidio volontario nell’ambito della vicenda legata alla morte del loro padre, Giuseppe Pompa, avvenuta il 30 aprile 2020.
A cura di Biagio Chiariello
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Loris e Alex Cotoia
Loris e Alex Cotoia

Non va condannato solo Alex, il 22enne di Collegno – un tempo noto come Pompa e oggi Cotoia, avendo assunto il cognome della madre – che uccise suo padre Giuseppe a coltellate per proteggere la madre durante l’ennesima lite familiare nella loro abitazione alle porte di Torino. Il procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi, insieme al collega Alessandro Aghemo, nel processo d’appello bis ha richiesto che venga indagato anche il comportamento del fratello Loris, per accertare un suo eventuale coinvolgimento come complice nell’omicidio volontario.

La richiesta è stata avanzata nel corso della requisitoria, iniziata oggi e rinviata al 16 dicembre. Secondo il magistrato, Loris avrebbe "tenuto fermo Giuseppe mentre Alex sferrava i colpi fatali". Inoltre, ha sostenuto che i due fratelli non avrebbero agito per paura, ma per esasperazione. Avenati Bassi ha preannunciato l’intenzione di chiedere alla Corte la trasmissione degli atti per l’apertura di un procedimento penale.

Alex Pompa uccise il padre nel 2020 per difendere la madre da una delle tante, violente discussioni familiari. In primo grado era stato assolto, poiché l’atto era stato considerato legittima difesa. Tuttavia, in appello era stato condannato a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni per omicidio volontario. La sentenza era stata successivamente annullata dalla Corte di Cassazione. Oggi, nel nuovo processo d’appello, è emerso questo ulteriore sviluppo.

I giudici saranno chiamati a riesaminare il contesto in cui si è consumata la tragedia, analizzando il clima familiare e le condizioni di disagio psicologico in cui viveva Alex.

Aghemo e Avenati Bassi hanno inoltre sottolineato come la versione della "violenta colluttazione" tra Giuseppe Pompa e la famiglia sia stata inventata. Secondo loro, i racconti forniti da Loris e Maria Cotoia, la madre, non trovano riscontro: entrambi sono indagati per falsa testimonianza. "Ogni soprammobile è rimasto intatto al suo posto: la frutta e i fiori sulla tavola, il cuscino dritto, i ninnoli raffiguranti i trulli di Alberobello. Vi sfido a spingervi e a non rovesciare niente", ha dichiarato il procuratore.

Giuseppe Pompa era stato descritto dai familiari come un uomo irascibile, autoritario e ossessivo, incline a frequenti e violenti scatti d’ira. La moglie, Maria Cotoia, che lavorava come cassiera in un supermercato, aveva raccontato che il marito l’aveva chiamata ben 101 volte in un solo giorno, convinto che avesse salutato un collega al lavoro.

Secondo Avenati Bassi, "i due fratelli hanno agito mossi da odio e rabbia dopo anni di vessazioni psicologiche da parte del padre, un uomo descritto come squilibrato. La situazione era diventata così insostenibile da spingere Alex e Loris a commettere il reato: in quel momento non hanno più visto altra soluzione. Non c’è margine per il ragionevole dubbio o per invocare la legittima difesa contro un padre che stava per fare una strage".

Per questo, il procuratore ha chiesto di confermare la condanna di Alex a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni e di indagare Loris per concorso in omicidio volontario.

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