video suggerito
video suggerito

Uccise padre violento per difendere la madre e se stesso: perché Alex Cotoia è stato assolto. Le motivazioni

Alex Cotoia è stato assolto dall’accusa di omicidio volontario per la morte del padre, Giuseppe Pompa, avvenuta nel 2020. La Corte ha riconosciuto che il ragazzo agì in “legittima difesa putativa” dopo aver percepito un pericolo imminente per sé e per la madre, nonostante il tragico epilogo dell’incidente. Le motivazioni che hanno portato alla sentenza di assoluzione lo scorso gennaio.
A cura di Biagio Chiariello
3 CONDIVISIONI
Immagine

Alex Cotoia, all’epoca dei fatti noto con il cognome Pompa, ha colpito suo padre, Giuseppe Pompa, con 34 coltellate, ma non per "odio, frustrazione o rabbia", bensì in quello che la Corte di assise di appello di Torino ha definito come un atto di "legittima difesa putativa". È quanto riportato nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 13 gennaio 2025 i giudici hanno accolto in pieno la linea della difesa del ragazzo riconoscendo la scriminante della legittima difesa a favore dell'imputato e annullando la condanna di primo grado a sei anni, due mesi e 20 giorni di carcere, per la morte del genitore, avvenuta il 30 aprile 2020 a Collegno, nella casa di famiglia.

Perché Alex Cotoia è stato assolto

La giustificazione dell’assoluzione si basa sull’interpretazione dell'atto compiuto dal giovane come una reazione alla percezione di un pericolo imminente, piuttosto che un atto intenzionale di violenza premeditata. Secondo la sentenza, Alex si è difeso "fino a quando ha constatato che il padre non costituiva più un pericolo" per lui o per la madre, vittima di abusi da parte dell’uomo. Nonostante le circostanze tragiche e la gravità del gesto, i giudici hanno ritenuto che Alex non agisse per rancore, ma in un contesto di difesa da una minaccia che percepiva come immediata e grave.

Giuseppe Pompa, descritto dalla Corte come una persona affetta da una "gelosia patologica" e un "insopprimibile desiderio di imporsi sui familiari", era ormai noto per il suo comportamento prepotente e per il clima di oppressione che aveva creato in casa. La moglie e i figli vivevano in un ambiente segnato da continue tensioni e violenze psicologiche. Quella sera, la situazione era degenerata, con l’uomo che sembrava essere in preda a una rabbia incontrollabile, probabilmente amplificata da motivi legati alla gelosia e al controllo ossessivo della sua famiglia.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha evidenziato come, anche volendo considerare la tesi della difesa secondo cui Alex avrebbe agito sotto l'erronea convinzione che il padre fosse intenzionato a armarsi con un coltello, c’erano comunque elementi concreti che giustificavano la reazione del giovane. Secondo i giudici, questi elementi avrebbero potuto indurre un ragionevole timore per la propria incolumità, tanto da spingere Alex a intervenire con decisione, percependo la situazione come una minaccia reale e imminente.

La Corte ha anche respinto la tesi della procura generale, che aveva richiesto la condanna di Alex e aveva sollevato dubbi sulla credibilità delle testimonianze fornite dalla madre e dal fratello di Alex, che erano presenti in casa durante l'omicidio. Nonostante i racconti di entrambi potessero sembrare "parziali, incoerenti e non perfettamente lineari", i giudici hanno ritenuto che queste discrepanze fossero giustificabili dalla drammaticità della situazione vissuta.

Alex insieme alla madre Maria e al fratello Loris
Alex insieme alla madre Maria e al fratello Loris

La madre, in particolare, si trovava nel mezzo di un contesto familiare devastante, segnato da anni di abuso psicologico e fisico, e il trauma del momento aveva sicuramente influito sulla chiarezza delle sue dichiarazioni. Inoltre, la Corte ha osservato che la scena del crimine era stata "pesantemente contaminata" dai soccorritori e che le operazioni di rilievo tecnico dei carabinieri erano state "irrimediabilmente compromesse" nelle fasi immediatamente successive all'evento, il che aveva reso difficile una ricostruzione precisa e incontestabile dei fatti.

Per i giudici non poteva esserci condanna per omicidio volontario

In questo scenario, i giudici hanno infine stabilito che non sussistevano gli estremi per una condanna per omicidio volontario, ritenendo che l’atto di Alex fosse stato compiuto in un momento di difesa, seppur sotto una percezione errata del pericolo, e che non fosse configurabile come un omicidio premeditato.

La decisione della Corte di assolvere Alex Cotoia ha quindi tenuto conto delle condizioni psicologiche e familiari che avevano caratterizzato quel tragico episodio, considerando la sua reazione come una risposta a un contesto di violenza e sopraffazione familiare.

3 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views