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Uccise marito e moglie a Vicenza, il killer arrestato dopo 33 anni: incastrato dal dna estratto da un pelo

Svolta nel giallo dell’omicidio di Pierangelo Fioretto e della moglie Mafalda Begnozzi, uccisi a Vicenza nel 1992: dopo 33 anni è stato arrestato il presunto killer. Si tratta di Umberto Pietrolungo, 58 anni, considerato affiliato alla cosca di ‘Ndrangheta Muto. L’inchiesta ripartita grazie alle nuove tecniche di estrazione dei profili genetici.
A cura di Ida Artiaco
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Ci sono voluti 33 anni ma finalmente il giallo sull'omicidio di Pierangelo Fioretto e della moglie Mafalda Begnozzi è stato risolto. È stato arrestato dai carabinieri nelle scorse ore per il delitto Umberto Pietrolungo, 58 anni, considerato affiliato alla cosca di ‘Ndrangheta Muto, operante a Cetraro, in provincia di Cosenza. L'uomo, attualmente detenuto nel carcere di Cosenza per altri reati, dove gli è stata notificata l'ordinanza del tribunale di Vicenza, sarebbe stato incastrato grazie al Dna estratto da un pelo. Ma facciamo un passo indietro.

Era la sera del 25 febbraio 1992 quando i due coniugi furono uccisi nel cortile della loro abitazione, in contrà Torretti, a Vicenza. Fioretto, avvocato all'epoca 59enne, stava tornando a casa dal suo studio quando trovò, davanti alla porta d'ingresso, due uomini che lo uccisero con quattro colpi di pistola al torace, alla schiena e all'altezza dell'orecchio. Poco dopo la stessa sorte toccò alla moglie Mafalda Begnozzi, che aveva 52 anni: la donna scese in cortile per soccorrere il marito, ma venne colpita anche lei in maniera fatale.

La svolta nelle indagini, dopo ben 33 anni da quei fatti, è arrivata grazie alla Banca dati Nazionale del Dna, attraverso la comparazione di reperti biologici prelevati sui reperti dell'epoca: le pistole, un paio di guanti e gli abiti indossati dalle vittime.

Subito dopo il duplice omicidio, infatti, gli agenti trovarono due armi, le "Nuova Molgora", pistole giocattolo modificate: una fu rinvenuta all'uscita di contrà Santa Lucia, in corrispondenza di piazza XX settembre, l'altra lungo l'argine del fiume Bacchiglione. Le due armi, compresi i silenziatori di cui erano dotate, furono analizzate alla ricerca di tracce di Dna: sul silenziatore della pistola ritrovata sul Bacchiglione c'erano tre frammenti di impronta del pollice. Tuttavia, inviati a Roma per le analisi, quegli stessi reperti furono considerati "non utili" per il confronto "a causa della loro esiguità".

Per questo, la Procura chiese l'archiviazione del caso, accolta il 3 dicembre 1996. Tra i reperti anche dei guanti, rinvenuti poco distante dalla scena del delitto. L'inchiesta fu riaperta poi nel 2012 grazie anche alla squadra creata dal ministero dell'Interno per i delitti irrisolti e all'impiego di nuove tecnologie in grado di isolare ed esaminare tracce di Dna.

Nel febbraio 2023, la polizia aveva riscontrato una "concordanza positiva di primo livello" nella banca del Dna tra il profilo rilevato sul guanto trovato a Vicenza e alcuni campioni biologici estratti dai carabinieri di Scalea dai reperti recuperati sul luogo di una sparatoria a Cirella di Diamante, l'8 gennaio 2022, all'interno dell'hotel San Daniele.

Dal bulbo di un pelo trovato su un fazzoletto, la polizia ha estratto un profilo genetico totalmente compatibile con quello ricavato dal tampone orale cui Umberto Pietrolungo era stato sottoposto nel contesto di un procedimento penale avviato da un'altra procura del Cosentino, quella di Castrovillari. Proseguendo con le indagini, gli investigatori sono riusciti a risalire a Pietrolungo. Attesa per l'interrogatorio di garanzia con cui si cercherà di fare chiarezza sul movente.

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