Uccise la figlia Camilla: avrà uno sconto di pena per buona condotta e perché la cella è piccola
Il primo ottobre del 2007 Adalberto Chignoli uccise la figlia Camilla, che aveva 21 anni, con cinque colpi di pistola sparati alle spalle. Un gesto che l’uomo, 72enne, non riuscì mai a spiegare, e al quale reagì nelle ore successive cercando di togliersi a sua volta la vita. Ma non vi riuscì perché l'arma era inceppata.
Chignoli è stato condannato in via definiva a 30 anni di carcere, notizia di queste ore è che potrà ottenere uno sconto di pena non solo perché si sta comportando bene in carcere, ma anche perché la legge gli riconosce il "rimedio risarcitorio" causato dalla reclusione in una cella troppo piccola durante la detenzione provvisoria in attesa del giudizio definitivo. In totale saranno 119 i giorni che verranno tolti alla pena di Chignoli.
Attualmente Adalberto Chignoli si trova nel carcere di Verona: già usufruisce di permessi di lavoro e potrà ottenere uno sconto di pena grazie alla buona condotta. Oltre a questo, ha la possibilità di vedersi riconosciuto quanto stabilito dal decreto legislativo 92 del 2014, che adempiendo alle direttive della Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato italiano, ha stabilito lo sconto di un giorno di pena ogni dieci trascorsi in celle inferiori ai tre metri quadrati. Ed è questo che è stato riconosciuto al detenuto per il periodo di custodia cautelare tra il 2007 e il 2010, in periodi non continuativi.
La condanna per omicidio dell’uomo è diventata definitiva nel 2012: sommando gli sconti, dovrebbe terminare nel 2033, quindi in anticipo di circa tre anni e sette mesi.
Ex bancario poi passato a promotore finanziario, Adalberto Chignoli venne arrestato la notte stesso del delitto dopo una breve fuga durata qualche ora. Lo ritrovarono poco lontano da casa. Il corpo di sua figlia Camilla venne trovato a terra in casa, tra il letto e l’armadio, in mano aveva un appendiabiti.
Il padre, che all’epoca dei fatti non ha dato spiegazioni per il suo gesto ma disse di non ricordare nulla, negli anni in carcere ha rotto il silenzio soltanto per esprimere qualche parola di rimorso e definire il suo gesto "mostruoso". Il 24 novembre 2008 era stato condannato in primo grado a 30 anni con rito abbreviato davanti al Gup, condanna confermata in appello nel febbraio 2010, poi annullata dalla Cassazione e riconfermata nel marzo 2012.