Uccise la fidanzata a coltellate, ora è ai domiciliari perché obeso. Il papà: “È stata una disgrazia”
"Mio figlio non è finito bene. Sembra che abbiano avuto una litigata. 57 coltellate? Quando uno esce fuori esce fuori. Io non so cosa è successo perché non c'ero". A parlare è il padre di Dimitri Fricano, che nel 2017 confessò di aver ucciso la sua fidanzata, Erika Petri, a San Teodoro, in Sardegna. Una morte violenta quella della ragazza, colpita con 57 coltellate, per la quale è stato condannato a 30 anni di carcere. Tuttavia, nei giorni scorsi, è arrivata la notizia che l'uomo è stato scarcerato e posto temporaneamente agli arresti domiciliari per motivi di salute.
Il padre, intervenendo nel corso della puntata andata in onda ieri di Pomeriggio Cinque su Canale 5, ha difeso il figlio: "Non era mai stato violento, chiedo scusa io ai genitori di Erika. Era più di una figlia per me, perché eravamo contenti di questa ragazza, è stata 10 anni con noi. È stata una disgrazia. È stata una lite tra ragazzi, punto e basta".
Dichiarazioni che hanno provato l'ira dei genitori di Erika, collegati dalla Sardegna con la trasmissione condotta da Myrta Merlino. "Dimitri il giorno prima di confessare mi ha chiamata, piangeva con me giurandomi che non era stato lui ad averla uccisa. Diceva che era morta tra le sue braccia, ma mia figlia è morta solo come un cane e il giorno dopo è andato a confessare. Il giorno del compleanno di Erika è venuto al bar e mi ha portato un mazzo di rose. Non ha avuto il coraggio neanche di andare al cimitero, se io amo una persona voglio sapere dove sta", ha detto la mamma.
Mentre per il papà di Erika, Dimitri è "una persona pericolosa", che dovrebbe stare in carcere e invece "esce e va al bar col papà". Dimitri Fricano avrebbe più che raddoppiato il suo peso negli ultimo mesi arrivando a pesare oltre 200 chilogrammi, una massa che gli ha comportato difficoltà di deambulazione.
L'uomo non sarebbe più in grado di assolvere autonomamente alle proprie necessità quotidiane, si muove su sedia a rotelle e ha bisogno di un’assistenza che in carcere non può avere. Per questo il tribunale di Torino ha deciso che per un anno andrà a di domiciliari in casa dei genitori a Biella. La decisione sarà poi rivaluta e il provvedimento potrà essere prorogato a seguito di ulteriori controlli.