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Uccise la ex 30 anni fa, condannato all’ergastolo Salvatore Aldobrandi: mai trovato il corpo di Sargonia

È stato condannato all’ergastolo Salvatore Aldobrandi per il femminicidio dell’ex fidanzata Sargonia Dankha, scomparsa in Svezia nel 1995. Oggi 75enne, l’uomo era accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi abbietti: “Messo un punto alla vicenda dopo più di 30 anni”.
A cura di Ida Artiaco
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Dopo circa 30 anni è stato condannato all'ergastolo in primo grado per il femminicidio di Sargonia Dankha l'ex fidanzato Salvatore Aldobrandi. Oggi 75enne, originario di San Sosti (Cosenza), ma da anni residente a Sanremo, l'uomo era accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi abbietti nei confronti della ragazza, di origini irachene ma naturalizzata svedese e all'epoca dei fatti 21enne, sparita nel nulla nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995 a Linköping, in Svezia. Alla pena massima si aggiunge anche una nuova provvisionale di 300mila euro a favore della madre di Sargonia, 100mila euro per il fratello e 14mila euro per le spese legali di parte civile.

È arrivato così al capitolo finale uno dei cold case più intricati degli ultimi anni, anche perché il corpo della giovane vittima non è stato mai trovato. In Svezia non possono essere emesse condanne per omicidio se non viene trovato il cadavere, dunque l’uomo era stato arrestato e poi rilasciato nel 1996. Ma poi il caso è stato riaperto nel 2023 in Italia, quando sono state ricondotte a Dankha delle tracce di sangue nell'auto del pizzaiolo, che proprio nel 1995 gestiva un ristorante in Svezia.

La pm Maria Paola Marrali, nel corso dell'arringa tenutasi venerdì scorso a Imperia, aveva citato un caso analogo a questo, quello di Roberta Ragusa, il cui marito Antonio Logli è stato arrestato e condannato malgrado l'assenza del cadavere. Citando la sentenza della Cassazione, aveva detto:"Non è morte accidentale altrimenti avremmo trovato il corpo, e allora è sicuramente una morte omicidiaria".

La difesa di Aldobrandi, sostenuta dall'avvocato Fabrizio Cravero, aveva chiesto l'assunzione "delle prove richieste" ovvero l'audizione di altri testi e l'assoluzione "perché il fatto non sussiste" e in subordine "l'esclusione della recidiva, l'insussistenza dell'aggravante contestata e la concessione delle attenuanti". All'esito della lettura del dispositivo, il legale ha annunciato che attenderà di conoscere le motivazioni per poi ricorrere in Appello.

"Siamo veramente molto contenti per noi e per la famiglia, che purtroppo non è riuscita a reggere alle emozioni di venerdì ed è tornata in Svezia – è stato invece il commento dell'avvocato Francesco Rubino, parte civile della famiglia della vittima -. L'abbiamo già contattata e sono felicissimi, perché anche se questo processo non restituirà loro Sargonia, riusciranno però a mettere un punto a questa vicenda durata trent'anni".

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