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Uccise il padre a martellate, annullata la condanna a 24 anni per Marco Eletti: processo da rifare

La Cassazione ha annullato, con rinvio in appello, la sentenza a 24 anni e due mesi di reclusione nei confronti del 36enne Marco Eletti, condannato per aver ucciso a martellate il padre e tentato di ammazzare la madre il 24 febbraio 2021. Si dovrà celebrare un nuovo processo in appello per valutare o meno la sussistenza della premeditazione.
A cura di Eleonora Panseri
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Marco Eletti
Marco Eletti

La Cassazione ha annullato, con rinvio in appello, la sentenza a 24 anni e due mesi di reclusione nei confronti del 36enne Marco Eletti, condannato per l'omicidio premeditato del padre e il tentato omicidio della madre. Si dovrà quindi celebrare un nuovo processo in appello per valutare o meno la sussistenza della premeditazione. La decisione è arrivata in serata.

I fatti per cui Eletti è stato condannato erano avvenuti a San Martino in Rio, nel Reggiano, il 24 febbraio 2021. Il36enne, reo confesso, era stato condannato sia in primo sia in secondo grado per aver ammazzato a martellate il 58enne padre, Paolo, nell'abitazione di famiglia. Il giovane aveva anche cercato di uccidere la madre Sabrina Guidetti che si era salvata dopo essere stata trovata narcotizzata e coi polsi tagliati a fianco del cadavere del marito quello stesso giorno.

Marco Eletti insieme al padre Paolo
Marco Eletti insieme al padre Paolo

Da subito i sospetti erano ricaduti sul figlio della coppia, un grafico con la passione per la scrittura e anche con un passato di apparizioni in tv. Aveva infatti partecipato al quiz di Rai1 L'Eredità. Era stato lui a chiamare il 118 dicendo di aver trovato i genitori in quello stato nella loro casa.

Inizialmente, il giovane aveva negato tutto, poi, durante il processo a suo carico, aveva fatto una confessione. "Devo ammettere sia a voi sia a me stesso, le responsabilità che ho sull'accaduto. – aveva detto – È passato molto tempo da quando tutto questo è successo. In questo periodo mi sono state vicine molte persone, avvocati e famigliari in primis. Mi hanno aiutato a riflettere sul fatto".

Tra le aggravanti contestate dalla Procura, oltre alla premeditazione, vi era anche quella dei rapporti parentali con la vittima, che però era caduta in udienza preliminare dopo che il Dna aveva rivelato che Paolo non era il padre biologico di Marco.

Secondo l'accusa, il movente era da ricondurre alla scoperta di una doppia vita legata a un'altra identità di genere del padre. Ma anche a questioni inerenti alla casa di famiglia che i genitori non volevano lasciare, ma che il figlio avrebbe voluto ereditare sin da subito.

La premeditazione era stata riconosciuta sia dai giudici reggiani sia dai togati in appello, ma è sempre stata negata dalle difese. Anche davanti agli ermellini, gli avvocati difensori Domenico Noris Bucchi e Luigi Scarcella hanno ribadito che era stata pianificata solo l'aggressione alla madre, ma non quella verso il padre. E che il delitto era scaturito da un gesto d'impeto.

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