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Uccise il figlio adottivo a sprangate in casa a Torino, condannato a 16 anni: “Non voleva lavorare”

Il Tribunale di Torino ha condannato a 16 anni di carcere Pierangelo Romagnollo, l’84enne che il 5 luglio scorso ha ucciso il figlio adottivo Ailton, di 40 anni, nella loro casa di Roletto. La Corte ha ritenuto le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti ma ha condannato il pensionato per omicidio volontario.
A cura di Antonio Palma
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Sedici anni di carcere per aver ucciso il figlio adottivo a sprangate nella loro casa di Roletto, in provincia di Torino. È questa la sentenza di condanna emessa in primo grado dal Tribunale di Torino nei confronti di Pierangelo Romagnollo, l’84enne che il 5 luglio scorso ha ucciso il figlio adottivo Ailton, di 40 anni. Non riconosciuta dunque la legittima difesa invocata dai legali dell’uomo durante il dibattimento.

I giudici hanno condannato il pensionato per omicidio volontario riconoscendogli però le attenuanti che hanno fatto abbassare la pena inflitta rispetto a quella richiesta dalla Procura. Il pm infatti aveva chiesto di condannare l’imputato a ventidue anni di carcere ma la Corte ha ritenuto le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate.

Oltre ai 16 anni di carcere, Pierangelo Romagnollo è stato condannato all’interdizione dai pubblici uffici ed è stato giudicato indenne a succedere al figlio. Il giudice però ha rigettalo la richiesta di risarcimento danni presentata dalla parte civile, la zia della vittima.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, il padre colpì il figlio quarantenne con una spranga di metallo al culmine dell’ennesimo litigio tra i due in casa. A lanciare l'allarme fu un vicino e conoscente di famiglia a cui lo stesso pensionato si era rivolto poco dopo il delitto per raccontare quanto accaduto.

Pierangelo Romagnollo aveva raccontato di essersi difeso e che era il figlio ad avere inizialmente la spranga in mano e che lui lo avrebbe disarmato e colpito. "Mio figlio voleva soldi senza andare a lavorare" avrebbe detto l'anziano ai carabinieri dopo l’arresto, spiegando le liti che pare fossero diventate frequenti nell’ultimo periodo

"Non sappiamo perché la corte ha rigettato la nostra richiesta di ottenere un risarcimento ma era fondamentale che non si parlasse di legittima difesa. Così è stato” ha spiegato l’avvocato di parte civile, aggiungendo: “Non è una vittoria perché vicende come questa non ci sono né vincitori né vinti. Però proviamo sollievo: la realtà dei fatti non è stata travisata".

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