Uccise il compagno con una coltellata, la procura non crede alla legittima difesa
È stata chiesta una condanna di 9 anni per Silvia Rossetto, la 48enne che la sera del 2 settembre 2018 uccise con una coltellata al cuore il compagno Giuseppe Marcon, di 65 anni. La donna, già finita in una struttura psichiatrica perché giudicata colpevole di maltrattamenti al padre, ha assassinato il convivente nella loro casa di Nichelino (Torino) con una sola coltellata mortale al petto. Per lei, rinviata a giudizio lo scorso luglio, il pm Enzo Bucarelli ha chiesto una condanna a 9 anni e 4 mesi nel processo celebrato con il rito abbreviato al tribunale di Torino.
Rossetto, difesa dall'avvocato Sergio Bersano, ha ammesso sin dal primo momento le proprie responsabilità invocando la legittima difesa da un'aggressione. Il pubblico ministero, tuttavia, ha sostenuto la tesi dell'omicidio volontario escludendo l'attenuante della provocazione. Silvia e Giuseppe si erano conosciuti in una struttura di recupero per persone con problemi mentali. Prima del delitto una psichiatra aveva segnalato alla procura – che avviò una pratica – l'esistenza di possibili episodi di maltrattamento da parte dell'uomo.
Già condannata per maltrattamenti ai danni del padre la 48enne imputata aveva passato cinque mesi in una struttura psichiatrica. "In questa vicenda siamo tutti perdenti – ha detto l’avvocato Rosa D’Ursi, che assiste il figlio di Marcon, parte civile nel processo – Un uomo è morto e chi l’ha ucciso ha bisogno di assistenza e di non essere lasciata sola. Il mio cliente, Federico Marcon, si è costituito parte civile, non per avere un risarcimento economico ma per conciliarsi per l’ultima volta con il suo papà che, non per causa sua, non vedeva da 14 anni. Il mio assistito vuole solo una sentenza giusta per la morte del padre".