“Uccide ex a sprangate”, “Come stordire una persona con una mazza”, “Pena omicidio volontario”, “stalking e violenza sulle donne quanti anni di reclusione”. Queste le keywords rinvenute nella cronologia di Giovanni Padovani, arrestato a Bologna per l'omicidio di Alessandra Matteuzzi, commesso sotto la sua abitazione il 23 agosto del 2022.
Ricerche che trasudano una volontaria e lucida scelta di uccidere. E fugano ogni dubbio sulla premeditazione del piano criminale dell’assassino.
La fine di una relazione per volontà di una donna viene percepita dagli ex partner come un pericoloso mutamento dei ruoli di genere. Gli uomini come Padovani sono infatti uomini che non provano né rimorso né senso di colpa per ciò che fanno. Nessun pentimento, ma solamente sollievo.
Un sollievo che si manifesta nel momento un cui il controllo sulla ex viene ristabilito attraverso l’omicidio. E il fatto che l’ex calciatore abbia provato sollievo dopo la morte di Alessandra è confermato dalla pacatezza con la quale lo stesso ha aspettato sulla scena del crimine le forze dell'ordine. In questo senso, lo ha fatto per autocompiacimento e per accertare con i propri occhi la reazione di tutti gli operatori che a vario titolo sarebbero intervenuti.
Se, invece, si fosse dato alla fuga o si fosse costituito, non avrebbe beneficiato di una totale gratificazione. In altri termini, doveva porsi e mostrarsi come vincitore a fianco della sua vittima.
Uccidere Alessandra avrebbe rappresentato una liberazione. Del resto, fonti interne al carcere hanno riferito come Giovanni mangiasse alla mensa mostrandosi di buon umore e con appetito. Anche in questo frangente senza lasciar trasudare alcun segno di pentimento o di disperazione.
Questo è il motivo per il quale Padovani cercava in rete gli anni che avrebbe dovuto scontare dietro le sbarre se avesse ucciso Alessandra o se avesse commissionato a terzi il femminicidio.
“La uccido perché lei mi ha ucciso moralmente”. Questa una delle tante frasi scritte dall’uomo nelle sue note il 2 luglio 2022, un mese e mezzo prima della tragedia. E infatti l’unico suo scopo di vita era diventato quello di rivendicare l’orgoglio. A qualunque prezzo. Per questo l’ha uccisa.
Dimostrando, alla fine, di non aver interesse né per le pene previste né relativamente alle conseguenze legali del suo gesto. Ragioni per le quali cercava su internet “Stati dove non valgono le leggi italiane”. E ancora “Per andare in Albania serve passaporto”. Contemplando l’ipotesi della fuga. Ma, al contempo, accettando il rischio di essere scoperto una volta concretizzato il delitto. Una considerazione avvalorata, non solo dalle informazioni ricercate in relazione agli anni da scontare in caso di omicidio o di una condanna per atti persecutori.
Alessandra aveva imboccato una nuova strada e scelto di proseguire altrove. E Padovani, sentitosi abbandonato e minacciato nella sua mascolinità, anziché cercare di capire che cosa non funzionasse nella propria vita, ha incolpato la ex dei suoi fallimenti.
Le armi utilizzate da Giovanni Padovani per consumare il femminicidio, un martello e una panca di ferro, hanno in letteratura criminologica un significato preciso. In quest’ottica, non è stato sufficiente per l’ex calciatore uccidere. Al contrario, era per lui vitale che Alessandra soffrisse più a lungo e quanto più possibile.
In termini tecnici, si definisce istinto della distruzione. Un istinto della distruzione palesatosi sottoforma di una rabbia che Padovani non è stato in grado di arginare. Ma anche, forse soprattutto, un istinto distruttivo frutto di una crudeltà trasformatasi in piacere. Il piacere di vedere la donna che aveva osato lasciarlo, Alessandra, soccombere finalmente al suo volere.
Alessandra Matteuzzi aveva paura del suo aguzzino. Non ne aveva fatto mistero neppure nei messaggi inviati alla suocera. Del resto, un mese e mezzo prima dell'omicidio Padovani era stato gravato da una denuncia per stalking dopo averle infilato dello zucchero nel serbatoio della benzina.
L'ennesima croce rosa capace di dimostrare la mancanza della debita rete di protezione intorno a una donna. Una generalizzata sottovalutazione del rischio che ha fatto da apripista per l'ennesimo femminicidio.