Uccide la moglie malata per non farla soffrire, rifiuta i domiciliari: “Giusto che stia in carcere”
"Quella di mia moglie non era più vita. Non voglio essere di disturbo a nessuno. E poi è giusto che io stia qui dentro". Così avrebbe rifiutato i domiciliari Sergio De Zan, 74enne operaio metalmeccanico in pensione di Castello di Godego, che nei giorni scorsi ha ucciso a coltellate la moglie Manuela Bittante, 77 anni, a Maser (Treviso).
L'omicidio si è consumato il giorno dopo che la donna è tornata a casa dopo il ricovero dovuto ad una grave malattia. Sergio, dopo aver impugnato un coltello da cucina ed aver colpito la donna, convinto di averla uccisa, è andato dai carabinieri di Cornuda a costituirsi. Manuela però non era morta. I sanitari del 118 giunti sul posto l'hanno trovata agonizzante. Il decesso si è verificato circa 24 ore dopo, il 25 settembre scorso.
Ieri, interrogato dal pubblico ministero nel carcere di Treviso, De Zan, indagato per omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela, ha spiegato che la sua decisione era stata guidata dalla volontà di non voler vedere più soffrire la moglie, che si trovava in stato semi-vegetativo a causa di un ictus che l'aveva colpita ad agosto. Viveva alimentata da un sondino.
Era tornata a casa dopo un ricovero all'ospedale di Montebelluna mercoledì scorso, poi dopo due giorni era tornata nel nosocomio perché il marito e la figlia avevano sbagliato qualcosa nel darle da mangiare. È stata dimessa e poi, dopo neanche 24 ore, il marito l'ha colpita a coltellate.
L'avvocato difensore dell'uomo, Sabrina Dei Rossi, avrebbe voluto chiedere per lui i domiciliari, ma come riferisce Il Corriere della Sera, il suo assistito ha rifiutato perché "è giusto che stia in carcere". Secondo la legale, Sergio "è un uomo buono, si è sentito abbandonato quando la moglie è tornata a casa, non è riuscito a vederla così. Lei soffriva, la sua non era una esistenza degna di essere vissuta. E in un momento di sconforto De Zan ha perso la lucidità. È stato un atto d’impulso dettato dalla disperazione".
Sulla vicenda è intervenuto anche il sindaco di Moser, Claudia Benedos: "Si sarà sentito solo e abbandonato. La famiglia aveva chiesto di essere seguita dai Servizi sociali, la figlia ci aveva inviato l’Isee, per valutare se il servizio potesse essere gratuito o se avessero dovuto contribuire almeno in parte. Ma sul ricovero in una struttura adeguata era stata netta, dicendo che non potevano permetterselo. Non c’è stato il giusto coordinamento fra l’Usl Marca Trevigiana e i nostri Servizi sociali".
Intanto, oggi sarà conferito l'incarico per l'autopsia sul corpo di Manuela e nelle prossime ore il marito dovrebbe essere sottoposto ad interrogatorio di garanzia.