Uccide la moglie incinta di 8 mesi, poi chiama il 112 in lacrime e non dice neanche una parola
Una chiamata di 2 minuti al 112 durante la quale non riuscì a dire neanche una parola, ma pianse in continuazione. Non si può effettivamente neanche definire una richiesta di soccorso la telefonata fatta la mattina del 30 gennaio 2020 al numero d'emergenza da Mustafa Zeeshan per informare le autorità che sua moglie Fatima era morta: la donna infatti era deceduta ormai da diverse ore ed era stato lui stesso ad ucciderla, picchiandola e soffocandola, nella casa in cui vivevano a Versciaco, in val Pusteria, in Alto Adige.
Ora il 38enne deve rispondere di omicidio volontario aggravato. Essendo Fatima incinta di 8 mesi, nel capo di imputazione rientra anche l'interruzione di gravidanza non consensuale, reato per il quale, nel caso di lesioni mortali alla donna, è prevista una pena da 8 a 16 anni.
Mustafa Zeeshan, fino al giorno prima della morte della moglie Fatima – di 10 anni in meno – aveva regolarmente lavorato al ristorante-pizzeria dell'Helmhotel a Versciaco. Per il momento resta ancora da appurare perché avrebbe ucciso la donna, che ha perso la vita, come ha accertato l'autopsia, per soffocamento. Subito dopo la telefonata al 112, alle 10.26, l'uomo venne richiamato dalla stessa centrale, che riuscì almeno a localizzare l'indirizzo in cui si trovava l'assassino, facendo subito intervenire sul posto un'ambulanza. Purtroppo, come detto, per la donna era già tardi.
Le diverse telefonate, con il pianto ininterrotto di Mustafa, sono state sentite nel corso dell'udienza del processo, in Corte d'assise a Bolzano, su richiesta della difesa, che intende con questo cercare di sottolineare la reazione emotiva che ebbe l'imputato e sperare di ottenere un'attenuante, visto che l'uomo non scappò ma allertò le autorità.