Tutto quello che c’è da sapere sulle varianti Covid: domande e risposte nelle Faq dell’Iss
Le varianti del Coronavirus, dalla inglese alla brasiliana alla sudafricana, tutte caratterizzate da una maggiore contagiosità rispetto al ceppo originario, circolano anche in Italia. Tuttavia, "al momento non sono emerse evidenze scientifiche della necessità di cambiare le misure, che rimangono quindi quelle già in uso: mascherine, distanziamento sociale e igiene delle mani. La possibilità di venire in contatto con una variante deve comunque indurre particolare prudenza e stretta adesione alle misure di protezione". È quanto si legge sul sito ufficiale dell'Istituto superiore di Sanità che ha pubblicato le Faq con le risposte alle domande più frequenti relative alle mutazioni finora conosciute del Covid-19. Ecco, allora, tutto quello che c'è da sapere secondo gli esperti.
Il monitoraggio
La prima domanda a cui l'Iss risponde riguarda il funzionamento del monitoraggio delle varianti. "L’analisi delle varianti – si legge sul sito del'Istituto – viene effettuata dai laboratori delle singole regioni, sotto il coordinamento dell’Iss. L’ECDC raccomanda di sequenziare almeno circa 500 campioni selezionati casualmente ogni settimana a livello nazionale". Gli esperti hanno stabilito anche delle priorità nell'individuazione delle mutazione: "individui vaccinati contro SARS-CoV-2 che successivamente si infettano nonostante una risposta immunitaria al vaccino; contesti ad alto rischio, quali ospedali nei quali vengono ricoverati pazienti immunocompromessi positivi a SARS-CoV-2 per lunghi periodi; casi di reinfezione; individui in arrivo da paesi con alta incidenza di varianti SARS-CoV-2; aumento dei casi o cambiamento nella trasmissibilità e/o virulenza in un’area; cambiamento nelle performance di strumenti diagnostici o terapie; analisi di cluster, per valutare la catena di trasmissione e/o l'efficacia di strategie di contenimento dell'infezione"
I test
Per potere capire se una infezione è determinata da una variante o dal ceppo originario di Sars-Cov-2, non bastano i comuni tamponi molecolari e meno ancora i test antigenici rapidi. "È infatti necessario un test specifico altamente specialistico che è detto sequenziamento, in cui si determina la composizione esatta del genoma del virus", specifica l'Iss.
Efficacia di farmaci e vaccini
Da giorni si sta discutendo sull'efficacia dei vaccini attualmente disponibili sulle varianti Covid-19. Di oggi è la notizia che in particolare il vaccino AstraZeneca non garantirebbe la protezione dalla variante sudafricana, a differenza di quella inglese. Anche l'Iss confermerebbe questi risultati: "I vaccini – si legge nelle Faq – sembrano essere pienamente efficaci sulla variante inglese, mentre per quella sudafricana e quella brasiliana potrebbe esserci una diminuzione nell’efficacia. Per quanto riguarda i farmaci in uso e in sperimentazione non ci sono ancora evidenze definitive in un senso o nell’altro; tuttavia alcuni articoli preliminari indicano che alcuni anticorpi monoclonali attualmente in sviluppo potrebbero perdere efficacia. I produttori di vaccini stanno anche cercando di studiare richiami vaccinali per migliorare la protezione contro le future varianti".
Misure di protezione
"Al momento non sono emerse evidenze scientifiche della necessità di cambiare le misure, che rimangono quindi quelle già in uso, l’uso delle mascherine, il distanziamento sociale e l’igiene delle mani. La possibilità di venire in contatto con una variante deve comunque indurre particolare prudenza e stretta adesione alle misure di protezione", ha scritto l'Iss. Tuttavia, per frenare l'avanzata delle varianti in alcuni territori, sempre l'Iss insieme al ministero della Salute ha raccomandato di creare delle mini zone rosse a livello comunale o provinciale, come nel caso di Perugia.
Quali varianti preoccupano di più
Infine, l'Istituto superiore di Sanità ha passato in rassegna le tre varianti al momento più diffuse del Covid-19: vale a dire la variante inglese (VOC 202012/01), caratterizzata da una trasmissibilità più elevata; la sudafricana (501 Y.V2), anche questa caratterizzata da una una trasmissibilità più elevata e per la quale si studia se possa causare un maggior numero di reinfezioni in soggetti già guariti da Covid-19; quella brasiliana (P.1), a trasmissibilità più elevata. "In tutti e tre – ha concluso l'Iss – i casi il virus presenta delle mutazioni sulla cosiddetta proteina ‘spike’, che è quella con cui il virus ‘si attacca’ alla cellula.