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Matteo Messina Denaro

“Tutti i segreti che si è portato nella tomba Messina Denaro”: parla il fratello di Peppino Impastato

Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978. “Matteo Messina Denaro porta con sé i segreti delle complicità a livello istituzionale nelle stragi di Falcone e Borsellino”.
A cura di Davide Falcioni
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"Matteo Messina Denaro porta con sé i segreti delle complicità a livello istituzionale nelle stragi di Falcone e Borsellino, così come degli attentati di Milano e Firenze. Sono sicuro che in tanti speravano che morisse prima possibile, temendo che avrebbe potuto decidere di collaborare con la giustizia facendo nomi e cognomi". A dirlo, intervistato da Fanpage.it, Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978.

Matteo Messina Denaro è morto questa notte, poco prima delle due, nell'ospedale dell'Aquila. L'ultimo stragista di Cosa Nostra era stato arrestato a gennaio dopo una latitanza durata trent'anni. Il capomafia, 61 anni, era da tempo gravemente malato: soffriva infatti di una grave forma di tumore al colon che gli era stata diagnosticata mentre era ancora ricercato, a fine 2020.

Era stato proprio il cancro a portare i carabinieri del Ros e la Procura di Palermo sulle tracce del boss, riuscito per decenni a sfuggire alla giustizia. Dopo la cattura, Messina Denaro è stato sottoposto alla chemioterapia nel supercarcere dell'Aquila, all'interno del quale era stata allestita una sorta di infermeria attigua alla sua cella. Per otto mesi un team di oncologi e infermieri del nosocomio abruzzese ha costantemente seguito il paziente apparso subito, comunque, in condizioni molto gravi. Durante la detenzione, il padrino di Castelvetrano è stato sottoposto a due interventi chirurgici legate alle complicanze della malattia. Dall'ultimo, tuttavia, non si è più ripreso, tanto che i medici hanno deciso di non rimandarlo in carcere, ma di curarlo in una stanza di massima sicurezza dell'ospedale.

Giovanni Impastato
Giovanni Impastato

Otto mesi dopo l'arresto questa notte Matteo Messina Denaro è morto nel reparto detenuti dell'ospedale San Salvatore de L'Aquila. Cosa ha provato quando ha appreso del decesso del boss di Cosa Nostra?

Non nascondo che quando questa mattina ho appreso la notizia del suo decesso ho provato dispiacere. Vi sembrerà strano, vista la storia della mia famiglia, ma penso che occorra avere rispetto per la vita umana, anche per quella di un mafioso. Quel rispetto che invece loro, i criminali, non hanno mai avuto brindando quando sono stati uccisi Falcone, Borsellino e altri, compreso mio fratello. Noi però non siamo mafiosi. Noi non brindiamo, ma neanche dimentichiamo: Matteo Messina Denaro era un criminale, così come era un criminale chi ha permesso e protetto la sua latitanza.

A chi si riferisce?

Matteo Messina Denaro ha goduto di protezioni, amicizie e amanti. Molti sapevano chi era il boss di Cosa Nostra: il barista che la mattina gli serviva il cappuccino, il medico che gli preparava le impegnative con identità false fornite da altre persone… C'era un grosso giro di uomini e donne che lo aiutavano e lo sostenevano, senza dimenticare politici e personaggi di spicco del mondo imprenditoriale. D'altro canto lo stesso Procuratore che lo ha arrestato lo scorso gennaio fu molto chiaro nel parlare di "borghesia mafiosa", quella che ha protetto Messina Denaro tutti questi anni e che oggi non è più semplice "complice" di Cosa Nostra, ma è protagonista a tutto tondo. Parliamoci chiaramente: un tempo c'era un intreccio tra borghesia e capi mandamento, ma i ruoli erano ben distinti. Oggi è cambiato tutto: settori della borghesia sono all'interno della cupola mafiosa e prendono direttamente le decisioni strategiche più importanti.

Lei ha manifestato sentimenti di umana pietà nei confronti del defunto Matteo Messina Denaro. Invece cosa prova verso chi l'ha protetto tutti questi anni?

Li considero criminali quasi al pari di Messina Denaro. Dobbiamo riuscire a rompere l'alone di omertà che copriva il boss di Cosa Nostra, che ha goduto di amicizie importanti: non era solo l'amante a proteggerne la latitanza, ma anche grossi imprenditori che l'hanno coccolato, ci hanno fatto affari e gli hanno chiesto protezione, ottenendola. Vanno indagate approfonditamente tutte queste figure, va fatta chiarezza sulle responsabilità di tutti, perché Messina Denaro è potuto andare in giro indisturbato per decenni e molti sapevano chi era, mentre era ricercato dalle polizie di tutto il mondo. Questo è un paradosso.

Peppino Impastato
Peppino Impastato

Sui social si leggono messaggi di autentico cordoglio nei confronti di Messina Denaro da parte di persone comuni. Come si spiega questo fenomeno?

Quei messaggi sono il frutto di una mentalità mafiosa che ha radici profonde, ma ci sono responsabilità anche da parte dello Stato che in molte aree della Sicilia ha lasciato vuoti impressionanti. Penso a città senza servizi, senza sanità, con metri di spazzatura nelle strade e migliaia di disoccupati.  È vero, ci sono persone che dicono "quando c'era la mafia qua si viveva meglio, si lavorava. Senza la mafia moriamo di fame". È grave, ma è responsabilità dello Stato colmare quei vuoti; altrimenti ci penserà la criminalità organizzata, come ha sempre fatto, promettendo lavoro e bella vita ai giovani. È un discorso che chi si occupa di antimafia sociale fa da anni, ma evidentemente non c'è la volontà politica di risolvere certi problemi e colmare certi vuoti.

Perché quella volontà manca, secondo lei?

Perché non c'è l'interesse a colmare quei vuoti. Bisogna capire che oggi la mafia non è antistato come alcuni dicono intervenendo nelle scuole. La mafia è nel cuore dello Stato: lo è ad esempio nel sistema degli appalti per la realizzazione di grandi opere pubbliche.

Però la mafia ha anche eliminato pezzi dello Stato: pensiamo a Falcone, Borsellino, il generale Dalla Chiesa.

Quelle persone sono state uccise perché dall'interno dello Stato hanno cercato di bloccare un sistema criminale di accumulazione di capitali. Lo stesso Falcone, in una nota intervista, disse che Cosa Nostra "ha ucciso i migliori servitori dello Stato, che lo Stato non ha saputo e voluto proteggere". Evidentemente anche il giudice Falcone credeva che la mafia è ben presente in pezzi di Stato. Se non prendiamo coscienza di questo fatto, se non lo diciamo esplicitamente ai giovani, noi saremo costretti a convivere ancora a lungo con la criminalità organizzata.

Dopo la cattura di Matteo Messina Denaro lei ha scritto una lettera alla figlia, Lorenza Alagna, chiedendole di adoperarsi affinché suo padre si pentisse. Secondo lei ha collaborato con la giustizia, almeno in parte? 

Questo non lo possiamo ancora sapere. Ma rivolgo un appello ai figli, genitori, fratelli di mafiosi incalliti: emancipatevi, fate un salto di qualità, ammettete gli errori dei vostri congiunti. Anche io e mio fratello Peppino lo facemmo, dicendo apertamente che nostro padre era un mafioso inserito in un'organizzazione criminale chiamata Cosa Nostra. Facendolo non abbiamo mancato di rispetto a nostro padre, ma sentivamo il bisogno di spezzare il legame con il codice mafioso. Se non riusciremo a fare questo salto di qualità non daremo mai un futuro alle nuove generazioni. Matteo Messina Denaro è stato il simbolo di questo nuovo volto di Cosa Nostra.

Quali segreti porta con sé nella tomba l'ex boss mafioso?

Matteo Messina Denaro porta con sé i segreti delle complicità a livello istituzionale nelle stragi di Falcone e Borsellino, così come degli attentati di Milano e Firenze. A prescindere dall'esito del processo sulla trattativa Stato-mafia, è chiaro che la strategia stragista è stata condotta grazie all'aiuto di una parte delle istituzioni, ed è così fin dal massacro di Portella della Ginestra. Dietro a Matteo Messina Denaro molte persone l'hanno fatta franca e sono sicuro che in tanti speravano che morisse prima possibile, temendo che avrebbe potuto decidere di collaborare con la giustizia facendo nomi e cognomi.

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