Turni massacranti e stipendi da fame ai lavoratori: perché sarà un’estate di aerei in ritardo
Chi nell'ultimo mese ha dovuto volare spesso si è molto probabilmente imbattuto in disagi importanti, attendendo decine di minuti o talvolta ore in aeroporto. Secondo i dati raccolti da Eurocontrol, il servizio di monitoraggio dell’aviazione civile e militare europea, tra il 15 e il 21 giugno 2023 solo il 57,4% degli aerei sono decollati puntuali, mentre quelli atterrati all’orario previsto sono stati il 64,1%. Dati leggermente migliori rispetto allo stesso periodo nel 2022, ma peggiori del 9% rispetto al 2019, cioè il periodo pre-pandemico.
Non andrà molto meglio nei prossimi mesi: tra cancellazioni, ritardi e scioperi i disagi saranno sempre dietro l'angolo e andranno ad aggiungersi ai prezzi sempre più alti dei biglietti aerei. Le tariffe low cost sono infatti aumentate dal 30% al 50% a causa dell'aumento del costo dell'energia. Insomma, in vista delle vacanze estive chi viaggerà in aereo potrebbe andare incontro a non pochi disagi. Ma quali sono le ragioni dei ritardi? Fanpage.it l'ha chiesto a Fabrizio Cuscito, coordinatore del dipartimento Trasporto Aereo della FILT Cgil.
Segretario, a giugno circa il 50% di tutti i voli in transito in Europa sono decollati o atterrati in ritardo. Che sta accadendo?
Innanzitutto va fatta una premessa: questa è l'estate della ripresa dopo l'emergenza pandemica e, stando a quanto ci viene riferito da lavoratori e lavoratrici, le aziende si sono presentate a questo "appuntamento" impreparate ad affrontare un'ondata di traffico aereo massiccia come quella che si sta verificando in questi mesi. Ma le ragioni sono anche altre: dopo il periodo Covid, in cui il nostro comparto è stato sostanzialmente fermo, molti lavoratori hanno deciso di non tornare: quello negli aeroporti non è più considerato un lavoro appetibile perché gli stipendi sono troppo bassi, i livelli di stress altissimi. In molti hanno pensato che a parità di salario si potessero trovare impieghi decisamente migliori, soprattutto per quanto concerne i precari.
Quindi c'è un problema di carenza di personale. Lei ha parlato di condizioni fortemente stressanti. Come mai?
Gli uomini non volano. Volare è un'attività del tutto innaturale che richiede uno sforzo enorme a tutti i livelli: tutto ciò che ruota intorno agli aerei è molto complesso e richiede una grande quantità di attenzione, a partire da coloro che sugli aeroplani ci lavorano e passando per chi quei velivoli li fa funzionare grazie al lavoro che svolge a terra. È chiaro, quindi, che lo stress psicologico, l'efficienza operativa richiesta e le stringenti norme di sicurezza rendono questi lavori molto faticosi e complessi a fronte di salari da fame. Per questo, a queste condizioni, molti preferiscono fare altro. Anche nelle mansioni considerate più umili il livello di preparazione è estremamente più elevato rispetto alla media. Prendiamo gli addetti al carico e scarico dei bagagli: sono lavoratori che a mani nude caricano centinaia di bagagli al giorno, alcuni pesanti fino a 40 chili, in condizioni difficilissime, con 40 gradi d'estate e -10 in inverno. Se devi caricare 3/400 bagagli al giorno, e lo devi fare in sicurezza, alla fine della giornata sei distrutto. Ma non solo: ciascuno di questi lavoratori deve fare i conti con ritmi serrati vista l'esigenza delle compagnie di rispettare al massimo la puntualità. Naturalmente lo stesso concetto vale non solo per gli addetti al carico e scarico dei bagagli, ma anche per i piloti, gli assistenti di volo e qualsiasi atra figura che operi all'interno di uno scalo aeroportuale. Il risultato, tra l'altro, è che molti non hanno più neppure una vita familiare perché costretti ad estenuanti turni notturni. A queste condizioni tanti preferiscono licenziarsi e cercare altro.
Lei ha parlato di salari molto bassi. Quanto guadagna, ad esempio, chi carica e scarica bagagli 8 ore al giorno?
Dipende: i precari guadagnano 6/700 euro al mese, mentre i lavoratori contrattualizzati possono arrivare a guadagnare in media 1.200/1.300 euro al mese. Evidentemente non parliamo di cifre elevate, tutt'altro. Per questo, come FILT Cgil, siamo in una fase molto delicata nella trattativa per il rinnovo dei contratti, ma ci scontriamo con una dura realtà: le aziende non vogliono mettere mano al portafogli e aumentare i salari perché anche loro sostengono di essere in difficoltà. A dettare le tariffe a tutto il settore sono di fatto i gestori aeroportuali e le compagnie low cost: anche le società che svolgono prettamente servizio di handling (biglietteria, check-in, carico e scarico bagagli, ecc.) sono strette nella morsa tra compagnie low cost che vogliono tenere tariffe basse e gestori aeroportuali che per far operare queste aziende aumentando loro i costi, sapendo di avere il coltello dalla parte del manico. Così le società di handling finiscono per scaricare i costi sui lavoratori e le lavoratrici, non pagandoli adeguatamente.
Perché le aziende non investono nel personale ora che è finita la pandemia e il traffico aereo è ripreso regolarmente?
Le società, soprattutto quelle di handling, non dispongono oggi di grandi risorse e una parte di queste le hanno dovute necessariamente investire nell'acquisto dei nuovi veicoli green, obbligatori secondo la normativa europea. Pensiamo a tutti i mezzi che servono per trasportare i passeggeri negli aerei, per rifornire i velivoli di carburante, trasportare merci e bagagli, eccetera. Il rinnovo del "parco auto" ha avuto costi esorbitanti per le aziende, che quindi non hanno investito sul personale. Anche le compagnie aeree e le società di gestione degli scali hanno investito le loro risorse prevalentemente per le infrastrutture dedicate alla clientela e molto poco per lavoratori e lavoratrici. A questo si deve aggiungere che società low cost e multinazionali dell'handling hanno anche portato enormi ricchezze all'estero, visto che nessuna di queste ha sede in Italia. Parliamoci chiaramente: a queste condizioni il sistema andrà sempre più in crisi e i lavoratori continueranno a diminuire.
Qual è la proposta che il sindacato fa al Governo?
Innanzitutto va rivisto il piano nazionale aeroporti, affinché le risorse vengano redistribuite sull'intero settore. Secondo: abbiamo chiesto al Governo di inserire nel PNRR anche il comparto del trasporto aereo che, sembrerà una follia, è rimasto escluso nonostante sia la porta dell'Italia rispetto al mondo. Da questo punto di vista gli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono pari a zero. Oltre a questo abbiamo chiesto, in sede di rinnovo del contratto per il lavoro a terra, di aumentare le retribuzioni: questa è la nostra battaglia principale. Siamo consci che però il lavoro da fare è molto più complesso e riguarda anche il rispetto delle regole da parte delle compagnie low cost.
Quali sono stati i feedback del Governo?
Abbiamo un tavolo aperto con il Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Galeazzo Bignami e apprezziamo il suo impegno. I temi che affrontiamo però sono molto complessi, solo in parte possono essere affrontati dal Governo perché attengono a regole europee, quindi sovranazionali. Smontare questo sistema, costruito negli anni '90, è estremamente complicato.
Insomma, i problemi sul tavolo sono molti e lungi dall'essere risolti nel giro di qualche mese. Dobbiamo attenderci un'estate di ulteriori disagi?
Sarà un'estate complessa, inutile negarlo. Abbiamo fissato per il 15 luglio uno sciopero di 24 ore per tutti i lavoratori a terra e a settembre, se non verranno garantite condizioni di lavoro migliori, dovremo dichiarare un altro sciopero. I lavoratori sono stanchi, stremati, ma non è certo colpa loro se il sistema del trasporto aereo non funziona. Si tratta di un patrimonio immenso che negli ultimi 30 anni è stato gettato alle ortiche da governi di centrodestra e centrosinistra. E ora tutti nodi vengono al pettine.