Turisti italiani in Marocco durante il terremoto: “La Farnesina ci ha abbandonati, nessuna assistenza”
In seguito al terremoto che venerdì 8 settembre ha devastato Marrakech, causando oltre 2.600 morti e migliaia di dispersi, 15 turisti italiani che si trovavano nella regione hanno cercato luoghi sicuri in cui dormire e voli per tornare in Italia il prima possibile. Ci sono riusciti, ma lo hanno fatto da soli.
Erano partiti insieme con un viaggio organizzato, quasi tutti da Milano tranne cinque persone che avevano raggiunto il gruppo da altre parti d'Italia. Si sono ritrovati in mezzo al terremoto senza sapere cosa fare. La Farnesina ha detto di aver messo in piedi un piano per riportarli a casa, eppure loro hanno raccontato a Fanpage.it di essere stati completamente abbandonati: "L'ambasciata ci ha detto che non c'era nessun piano".
Le chiamate senza risposta all'Unità di crisi
Tranne che per una persona, il rientro era previsto il 10 settembre, quindi hanno stretto i denti da venerdì e domenica. I 15 turisti italiani partiti con un viaggio organizzato hanno dormito all'aperto per due notti, accampati sulla strada nel dehors dell'hotel e con la paura che gli cadesse qualcosa in testa o che qualcuno nel caos generale gli rubasse valigie e passaporti.
Per ore hanno cercato indicazioni dalle autorità italiane: di un vero posto letto, di un volo anticipato, dei punti di aiuto internazionale o anche solo di istruzioni sulle zone più sicure della città. A chiamare hanno provato tutti, hanno fatto tentare i parenti dall'Italia, ma nessuno dal Ministero li ha aiutati.
"Voglio che questa storia si sappia – racconta a Fanpage.it Sara, imprenditrice brianzola di 27 anni – perché mentre i miei genitori alla tv italiana vedevano i ministri dire fieramente che avevano messo in piedi un piano dettagliato per fare rientrare gli italiani, noi eravamo abbandonati. Mentre in tv incoraggiavano a chiamare il numero di emergenza, a quel numero non rispondeva nessuno" dice. "Oltre al numero di emergenza, abbiamo provato a chiamare tutti i recapiti sui siti ministeriali ma nessuno ha risposto" – raccontano a Fanpage.it.
Subito dopo la prima scossa, sono finiti in strada, hanno cercato un luogo sicuro nella piazza centrale della Medina, in cui si trovavano. Sono rimasti uniti, si sono coperti gli occhi, il naso e la bocca con dei fazzoletti bagnati, hanno aspettato che il peggio passasse. Intorno all'una di notte, poi, hanno iniziato a contattare tutti i numeri istituzionali, per primo quello della Farnesina. Dopo qualche tentativo, la Farnesina ha risposto ma ha detto di non avere indicazioni e di contattare l'Unità di crisi. A pagamento, perché è un normale numero fisso che rispetta le tariffe di chi chiama dall'estero: lo 0039 0636225.
"Ho speso 15 euro per meno di cinque minuti e non ho comunque avuto risposte perché ho esaurito il credito ed è caduta la linea", racconta Francesca, che ha usato la sim italiana per contattarlo. Ci hanno provato anche dal numero di Edoardo, che è rimasto al telefono 15 minuti e 12 secondi aspettando che qualcuno dall'altra parte alzasse la cornetta e non è mai successo.
"Ci metteva continuamente in attesa e dopo svariati tentativi abbiamo smesso di provarci", racconta Paola (il nome è di fantasia), 28 anni, che nella vita fa l'It project manager. È proprio il suo fidanzato che, dall'Italia, è riuscito finalmente a parlare con lo 0039 0636225. Ha spiegato che erano in 15 e ha dato tre contatti di riferimento, ma nessuno è mai stato cercato. Ha chiesto se ci fossero indicazioni o procedure da seguire. Non ce n'erano. Gli hanno solo confermato di potere andare alla sede del Consolato di Marrakech, che sarebbe stata aperto alle 3 di notte ed è lì che si sono diretti. Ma in realtà lo hanno trovato chiuso.
"Abbandonati dal Ministero"
Ad andare di persona al Consolato sono stati in tre: "Non c'era un foglio né gli orari, era completamente chiuso", raccontano. Sono tornati fuori dall'albergo e hanno "dormito", in strada, per provare a richiamare l'indomani, senza risposta. "Le informazioni che arrivavano dalle autorità italiane non solo erano molto generiche ma anche sbagliate, perché il consolato era chiuso, riceveva solo su appuntamento e non rispondeva al telefono", raccontano.
La soluzione allora è stata chiamare l'ambasciata di Rabat: "Volevamo parlare con qualcuno perché i nostri parenti in Italia ci dicevano che la Farnesina aveva predisposto un piano per rimpatriare gli italiani e zone sicure dove dormire, ma l'ambasciata ci ha detto che non c'era nessun piano", raccontano con un misto di rabbia e delusione.
Erano 15 giovani abituati a viaggiare, senza problemi fisici e con un'età media di 30 anni. Dopo ore di tentativi di comunicazione falliti, e una notte insonne, si sono rassegnati. "L'ambasciata ci ha anche detto che se volevamo tornare in anticipo dovevamo provvedere da soli e a spese nostre a comprarci il volo", racconta con amarezza Nicolò, ingegnere di Bari 26 anni. Lui era l'unico che aveva programmato di rimanere cinque giorni in più in Marocco. Ora Nicolò parla con il mare pugliese in sottofondo: "In un momento di lucidità, prima che salissero ancora i prezzi, ho acquistato il primo volo per domenica e l'ho pagato 600 euro", che nessuno gli rimborserà.
A deluderli è stata l'assenza totale da parte delle autorità italiane, che non si sono curate di loro pur continuando a dire ai media che stavano facendo di tutto per farli tornare a casa. "Sono abituata a viaggiare, avevo anche fatto la segnalazione del mio viaggio in Marocco su Viaggiare sicuri e Dove siamo nel mondo, comunicando le date di arrivo e rientro e un contatto di emergenza da rintracciare in Italia. Nessuno ci ha mai contattati, non ci è arrivato nemmeno un alert", dice Ilenia (il nome è di fantasia), medico veterinario di 30 anni. "In molti hanno detto che forse c'era un problema di comunicazione, ma non è vero: le linee erano libere, internet funzionava, noi riuscivamo a comunicare senza problemi con le nostre famiglie", dicono.
Il racconto del terremoto e le notti all'aperto
Era un po' prima delle 23 quando la terra a Marrakech ha iniziato a tremare con una forza devastante. I 15 del viaggio organizzato si trovavano in una taverna sotterranea nella Medina, la parte storica della città: "Eravamo stanchi, avevamo camminato tutto il giorno – racconta Sara a Fanpage.it – si era avvicinato un suonatore di banjo che vedendo che eravamo italiani aveva suonato Bella ciao. Erano appena arrivati i primi piatti caldi con il cibo, quando abbiamo sentito muoversi il terreno". All'inizio non hanno capito cosa stesse succedendo, alcuni raccontano di aver pensato a una bomba o a un attentato terroristico, anche perché dal posto in cui si trovavano non vedevano l'esterno.
Ad alcuni trema ancora la voce mentre rivivono quei momenti. "Ci siamo guardati tutti e pensavamo ci fosse qualcuno che al piano di sopra tenesse il tempo con i piedi" dice Sara. "Abbiamo pensato qualcuno stesse sbattendo i pugni o stesse passando una metropolitana. Cinque secondi dopo tutto ha iniziato a vibrare", aggiunge Domenico, psichiatra di 31 anni.
Alcuni di loro sono usciti subito fuori dal locale, ma cinque persone che erano nella parte più interna rispetto all'uscita non erano in grado di raggiungerla: "Ci siamo messi sotto il tavolo, perché quando provavamo a fare un passo il terreno ci sbalzava per terra violentemente e non riuscivamo a rimanere in piedi. Abbiamo pensato che tutto ci sarebbe collato in testa", raccontano.
Quando sono usciti hanno trovato tutto il gruppo dall'altra parte della strada, si sono ricongiunti e protetti come potevano: "Ci siamo trovati in una nube di polvere, fumo e macerie – raccontano – il palazzo vicino al ristorante era crollato integralmente", racconta Marta, specializzanda in Ginecologia, una delle prime a rivolgersi a Fanpage.it. Poi hanno cercato un luogo sicuro in cui passare la notte: "Il nostro albergo era nella parte nuova della città, l'edificio c'era ancora ma nelle camere vedevamo crepe e tutto intorno c'erano calcinacci", dice Marta. "Cercavamo un posto da cui riuscissimo a vedere il più possibile il cielo per evitare di avere edifici sopra la testa", racconta Sara.
Hanno preso valigie e beni personali e si sono sistemati in una veranda dell'hotel: "C'era uno spazio all'aperto con divanetti e sedute. Ci siamo sistemati lì come potevamo, con due sedie messe una di fronte all'altra e cercando di metterci fianco a fianco". È andata così per due notti, con la paura che potessero esserci altre scosse. In due sono stati svegli per poter intervenire subito e anche per controllare che nessuno cercasse di derubarli. "Dopo il terremoto avevamo visto un totale caos: motorini, persone che urlavano, famiglie che correvano, persone che piangevano", racconta Nicolò. Ora sono tornati tutti alla vita di tutti i giorni, chi in ospedale, chi al lavoro, ma di quest'esperienza rimarrà il ricordo di uno Stato che nel momento del bisogno non c'era.