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Omicidio Giulia Cecchettin

Turetta, cosa dicono i giudici sullo stalking su Cecchettin: nelle motivazioni tirato in ballo papà Gino

La Corte d’Assise di Venezia ha condannato Filippo Turetta all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, escludendo però l’aggravante di stalking. Nonostante il comportamento molesto e ossessivo dell’imputato, i giudici hanno ritenuto che la giovane non temesse per la sua incolumità. Aspetto che indirettamente ha confermato anche il padre, Gino Cecchettin.
A cura di Biagio Chiariello
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Nel caso dell'omicidio di Giulia Cecchettin, la Corte d'Assise di Venezia ha condannato Filippo Turetta all'ergastolo, riconoscendo l'aggravante della premeditazione ma escludendo quelle della crudeltà e dello stalking. I giudici hanno ritenuto che, nonostante l'elevato numero di messaggi inviati dall'imputato, Giulia non manifestasse un timore tale da configurare atti persecutori.

Come si evince dai documenti relativi alla motivazioni della sentenza, viene osservato che, pur essendo oggettivamente idonee a generare ansia e paura nella vittima, le condotte dell'imputato non rientrano nei confini temporali stabiliti dalla legge, che limita la contestazione del reato di stalking al periodo immediatamente successivo e a seguito della fine della relazione tra i due. In altre parole, i giudici riconoscono il comportamento di Turetta come persecutorio, ma ritengono che non possa essere qualificato come stalking per il periodo in cui si sono verificati i fatti.

La Corte, quindi, ha tenuto conto principalmente dell'aspetto cronologico e delle circostanze che hanno contraddistinto la vicenda, evidenziando come, al di fuori del periodo specificamente contestato, non emergessero prove sufficienti per configurare lo stalking. In particolare, le indagini e le dichiarazioni dei familiari e delle persone più vicine a Giulia non hanno rilevato alcun segno di un "turbamento e paura per la propria incolumità", come richiesto dalla legge per configurare il reato.

"Giulia era semmai intimorita per lo stato di salute del Turetta, ma tale timore, che affondava le radici sul senso di colpa e sulla personalità generosa della giovane ragazza, non si è mai declinato in uno stato grave e perdurante di ansia", si legge in uno dei passaggi delle motivazioni.

È uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 3 dicembre i giudici della Corte d'Assise di Venezia hanno condannato all'ergastolo, escludendo l'aggravante dello stalking e della crudeltà, lo studente per l'omicidio dell'ex fidanzata di Vigonovo.

Nelle motivazioni tirato in ballo papà Gino Cecchettin

Un elemento significativo che ha contribuito a questa valutazione è la testimonianza di Gino Cecchettin. Il padre di Giulia era stato tra i primi a cercare di capire cosa fosse accaduto alla figlia dopo la sua scomparsa, aveva dichiarato, fin dai primi giorni, di non aver mai percepito segnali di disagio o di preoccupazione in Giulia:

"Vi dico che Giulia non mi ha mai rappresentato e neppure ha confidato ai suoi fratelli atteggiamenti violenti o irrispettosi realizzati nei suoi confronti dal fidanzato. Tuttavia sono a conoscenza, sempre per come mi è stato riferito da Giulia, che Filippo è sempre stato molto possessivo e geloso, e quindi credo che proprio per queste ragioni mia figlia avesse deciso di lasciarlo".

Una circostanza che si è ripetuta anche durante la sua deposizione davanti al pubblico ministero il 20 febbraio 2024, dove ha confermato di non aver mai notato alcun segno di sofferenza o paura da parte della figlia nei confronti di Turetta.

La posizione del padre, così ferma e chiara, ha dunque rafforzato la decisione della Corte di non accogliere l’aggravante di stalking. Particolare che ha creato un contrasto con la tesi accusatoria, che aveva cercato di costruire una cornice di ansia e paura come parte integrante del reato di stalking. La testimonianza di Gino Cecchettin, purtroppo, ha avuto l’effetto di minare questa ricostruzione, nonostante la sofferenza evidente del padre per la tragica perdita della figlia.

"Non solo gli stretti familiari della vittima, ma anche le amiche con cui si confidava e gli amici che conoscevano Filippo non hanno mai percepito in Giulia uno stato d'animo idoneo a configurare quello stato di ansia grave e perdurante richiesto dalla norma incriminatrice o un qualsivoglia timore per la propria incolumità", si legge nelle motivazioni con cui pur riconoscendo un atteggiamento ossessivo e persecutorio non riconoscono lo stalking come aggravante. Giulia Cecchettin "era ben consapevole sia della insensatezza delle pretese del Turetta sia del carattere manipolatorio delle affermazioni autolesionistiche di costui e si è visto come ella non si fosse piegata a tali pretese: e proprio per questo è stata uccisa".

Per i giudici Giulia non aveva paura di Turetta

In un altro passaggio, i giudici affermano: "Giulia Cecchettin era sicuramente vittima delle condotte oggettivamente moleste, prepotenti e vessatorie da parte di Turetta, ma non nutriva paura nei suoi confronti. Anzi, è proprio per questa ragione che, poche ore prima di essere brutalmente aggredita e accoltellata per ben 75 volte dall'ex fidanzato l'11 novembre 2023, era stata lei stessa a fissare un appuntamento con lui, proponendogli di accompagnarla a fare acquisti in vista della laurea."

La Corte sottolinea poi come, dalle conversazioni tra i due, anche quelle degli ultimi giorni, emerga chiaramente che, nonostante Giulia fosse consapevole dell'ossessione del suo ex nei suoi confronti, non avesse mai percepito la sua pericolosità. I messaggi scambiati tra i due mostrano come la giovane, pur infastidita dall'insistenza e dalla resistenza di Turetta a comprendere i suoi tentativi di allontanarsi, non avesse mai espresso timore per lui. Anzi, nelle conversazioni, la ragazza si rivolge a lui con toni arrabbiati, forse esasperati dal suo comportamento insistente, ma non mai con paura, e sembrava trattare la situazione come una questione di incomprensioni e pretese irragionevoli da parte di lui, più che come una minaccia per la propria incolumità.

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